Paul Marino è un regista, produttore statunitense e una delle figure di spicco della scena machinima. Alessandro Cavaleri lo ha incontrato a Leicester, Inghilterra in occasione della prima edizione dello European Machinima Festival organizzata dall’università di De Montfort per affrontare le questioni centrali che riguardano questo nuovo medium e il suo rapporto con il cinema e i videogames.
Ludologica: Ci puoi spiegare cosa è il machinima?
Machinima significa fare cinema all’interno di un ambiente virtuale tridimensionale, come quello dei videogiochi – ma non solo. È un modo nuovo di creare film di animazione, ma invece di disegnare le scene fotogramma per fotogramma, si applica la pratica della ripresa dal vivo in uno spazio virtuale da animare. Detto altrimenti, il machinima è la risultante dell’interazione di almeno tre differenti codici linguistici: riprese dal vivo, animazione e tecnologia videoludica che funge da fondamento per le altre. Questo ci consente di catturare in tempo reale performance ed eventi, che è poi la natura del cinema, a cui si aggiunge la notevole flessibilità dell’animazione, che permette di tradurre in immagini ogni possibile fantasia. Infine, la tecnologia dei videogiochi permette di gestire spazi in tempo reale, ma anche le dinamiche che controllano la fisica e le condizioni atmosferiche, utili per ricreare un mondo realistico ma anche per modellarlo a piacimento. Il machinima è un fenomeno molto complesso, difficile da definire in modo rigoroso anche per via dell’evoluzione rapidissima della tecnologia, ma rappresenta senza dubbio un ambiente maturo per realizzare le proprie visioni.
Ludologica: Alcuni ricercatori universitari, come Henry Lowood e Matteo Bittanti sostengono che il machinima costituisce una nuova forma di gameplay, è corretto?
Fino a un certo punto, ritengo penso che abbiano ragione. Animare il videogame è divertente e rappresenta una forma di interazione “giocosa” con il testo. Se e’ vero che i videogiochi si fondano su macchinismi di sfida e gratificazione e se è possibile usare l’ambiente di gioco per fini espressivi, allora è corretto affermare che questa prassi rappresenta una forma di gameplay, un meccanismo basato sull’azione e reazione. Su questo modello, dopo tutto, si fonda il gameplay tradizionale che prevede un meccanismo di “sfida e ricompensa”. In questo senso, il machinima è solo un altro esempio di gameplay emergente. Non ti consente di aumentare il tuo punteggio, migliorare lo status oppure implementare il livello del tuo personaggio all’interno del videogame ma c’è comunque un dare e ricevere.
Ludologica: Durante la prima edizione dell’European Machinima Festival sono stati esibiti nuovi motori grafici che possono essere usati per vari fini e non necessariamente per animare videogame. Ritieni che questo possa consentire al machinima di emanciparsi dal medium che gli ha dato i natali?
Non saprei rispondere a questa domanda dato che ci sono numerose variabili. Quel che e’ certo e’ che motori grafici, videogame e machinima si evolvono in parallelo. Prevedo che una parte del machinima restera’ sempre legata al videogame… Credo che sara’ una costante anche per gli anni a venire. Non dimentichiamo che i videogiochi si appoggiano a concetti quali comunità, relazione, interazione. Aspetti che svolgono un ruolo fondamentale nell’indirizzare gli utenti a utilizzare in modo creativo ed espressivo la tecnologia. Prendiamo World of Warcraft: tra i fattori che spiegano il suo grande successo c’e’ sicuramente la versatilita’, la malleabilita’ con la quale puo’ adattarsi a usi differenti: gli utenti possono servirsene per esprimersi liberamente. In questi casi, il gioco diventa una piattaforma, un pretesto per interagire e per dare luogo a una performance in uno spazio virtuale. In un gioco del genere, un utente puo’ sviluppare una sorta di attaccamento emotivo al proprio avatar, per esempio un orco, e usarlo come protagonista per un film. Il gioco diventa un generatore di storie possibili. Questo aspetto e’ parte integrante della comunità videoludica e ritengo che sia destinato a restare centrale anche in futuro. D’altra parte, dopo l’introduzione di applicazioni come MovieStorm o MovieSandbox, per molti il machinima sta diventando una tecnica piu’ che un genere. Sotto questa chiave, la tecnologia videoludica e’ pur sempre una base, mentre il testo videoludico in quanto tale diventa del tutto irrilevante. Il videogame – inteso come tecnica, non come testo – e’ una tela bianca che puo’ essere usata per rappresentare la visione di un utente/artista. Il che spiega perché MovieSandbox e MovieStorm continueranno a svolgere una funzione fondamentale, ma non sostituiranno il videogame in quanto tale. Il videogame offre un contesto narrativo, un repertorio di personaggi, situazioni e set, cosa che un semplice motore e un’applicazione non sono in grado di fornire.
Ludologica: Il machinima ha oltre una decade di storia alle spalle, ma il suo successo mainstream e’ relativamente recente. Come si spiega questo fenomeno?
Penso che questo sia in gran parte dovuto alla natura stessa del gameplay, ma anche alle trasformazioni sociali e culturali che hanno favorito gli usi creativi delle tecnologie disponibili. Oggi ci troviamo a nostro agio con la tecnologia molto di piu’ che nel passato: i media sono diventati personali e personalizzabili, individuali e manipolabili, vera estensione della nostra personalita’. Negli ultimi dieci anni ci siamo abituati a tutto, dalle fotocamere al videoregistratore digitale, dal web di nuova generazione ai telefoni cellulari. Si tratta di tecnologie disponibili anche alla grande massa e questo inedito accesso ha creato nuove possibilita’ di espressione. I videogiochi fanno parte di questo fenomeno insieme mediale e culturale, sono qui per restare, anche se in alcune fasi storiche hanno vissuto dei momenti di crisi. Il videogame e’ una forma espressiva di pari dignita’ rispetto alle altre – dal cinema alla letteratura, dalla musica al teatro – e il machinima cavalca l’onda del successo del videogame, sfruttandone ed ampliandone il suo potenziale artistico ed espressivo.
Ludologica: Il machinima è una tecnica o un medium dotato di una propria estetica?
Personalmente mi relaziono con il machinima come medium, termine che indica una categoria concettuale e insieme tecnica, un insieme di strumenti espressivi – medium come apparato ma anche linguaggio, estetica come testi. Il medium e’ il veicolo attraverso il quale possiamo esprimere delle idee: pensa alla carta o alla tela. I motori di gioco sono solo una delle mille forme espressive che possiamo utilizzare per produrre idee, storie, arte. Un engine e’ come una lavagna bianca che a poco a poco si riempie di immagini, scritte, disegni. Con il machinima possiamo inventare contenuti inediti sfruttando dei materiali esistenti. Sia che prenda vita nel contesto di un videogioco o che parta da uno scarabocchio rimane comunque una tela bianca, che sia in qualche modo predefinita o totalmente vergine non ha importanza.
Ludologica: Che differenze vi sono tra la prima generazione di machinima e le piu’ recenti produzioni?
La tecnologia ha fatto passi da gigante negli ultimi dieci anni, ma a livello sostanziale, le trasformazioni non sono state drastiche in termine di produzione di machinima. Oggi come ieri, prendiamo degli spazi virtuali, applichiamo la tecnica della ripresa dal viso e produciamo dei film. Che si tratti di un machinima basato sul motore di Quake o una megaproduzione come Ratatouille, l’approccio è identico, non c’e’ alcuna differenza. Le vere differenze riguardano piuttosto le innovazioni tecnologiche che hanno reso possibile l’avvento di testi inediti, per lo meno sul piano estetico. In termini di discorso, di narrazione, non vedo grandi novita’: continuiamo a narrare le stesse storie con i nuovi strumenti che inventiamo.
Nell’animazione tradizionale è sempre esistita una sorta di polarizzazione tra performance e racconto. Penso ad artisti quali Norman McLaren per cui la capacità di creare l’animazione era più importante della storia, al contrario di Disney che privilegiava il racconto sopra ogni cosa. Per Paul Marino, e’ più importante la performance o il racconto?
Bella domanda! Riconosco molta importanza a entrambe le cose perché molte volte una buona storia non può essere raccontata senza una buona performance. Non e’ facile separare in modo rigoroso le due cose: spesso la storia sta nella performance. In passato, ho studiato recitazione e ho imparato che, nel teatro di improvvisazione, la storia nasce dalla performance, non viceversa. Non saprei assegnare un primato concettuale o artistico a una o all’altra: ritengo che si sostengano a vicenda e che se una venisse meno, l’altra sarebbe incompleta. Disney si concentra sulla storia, e questa è una gran cosa, ma tutti i personaggi sembrano uguali, probabilmente perche’ cosi’ appaiono più rassicuranti. In una produzione Disney, buoni e cattivi sembrano provenire dal medesimo luogo… Per concludere, credo che ogni progetto sia una storia a parte e che in alcuni la performance sia piu’ importante della storia e viceversa. Non credo che esista una regola definita.
Ludologica: Escludendo il comparto tecnico, quale sarà la prossima evoluzione del machinima?
È difficile prevedere il prossimo passo. Sono tempi difficili per chi opera nel settore del machinima, perché quando parli con un animatore, sia esso tradizionale o digitale, si coglie la resistenza al nuovo e al diverso. Gli animatori tradizioni si dichiarano fedeli a un modus operandi che cozza contro la logica del machinima. Il machinima consente di bypassare molti vincoli dell’animazione tradizionale e questa potenzialita’ viene spesso criticata. È un po’ come quei musicisti che compongono la loro musica e quando sentono un pezzo remixato non lo considerano vera musica perché non è stato interamente composto. Comprendo questo punto di vista, dato che provengo dall’ambiente dell’animazione e so quanto lavoro ci sia dietro l’apprendimento di certe competenze. E’ facile convincersi che esista un modo corretto di fare le cose e che tutto il resto sia “sbagliato”. Il machinima non gode di una grande reputazione e credo che la vera sfida sia nell’ottenere una piena legittimazione culturale e artistica. Vorrei che venisse riconosciuto per quello che e’, per il suo potenziale di innovazione.
Paul Marino è un regista, produttore statunitense e una delle figure di spicco della scena machinima. Alessandro Cavaleri lo ha incontrato a Leicester, Inghilterra in occasione della prima edizione dello European Machinima Festival organizzata dall’università di De Montfort per affrontare le questioni centrali che riguardano questo nuovo medium e il suo rapporto con il cinema e i videogames.
Link: Intervista a Paul Marino (prima parte)
Ludologica: “Diary of a Camper”, il primo machinima della storia, è stato prodotto da un clan. Quanto e’ importante il ruolo dei team nella realizzazione di machinima?
Non sono sicuro che sia cosi’ importante. Chiaramente il lavoro di squadra consente di distribuire gli sforzi, avere un feedback in tempo reale, collaborare in modo produttivo… È come avere un gruppo musicale: diverse persone suonano bene strumenti diversi e si conta su lavoro di gruppo per migliorare il livello generale ma anche aspetti specifici. D’altra parte, ci sono artisti che preferiscono l’autonomia e che vantano una grande competenza in un certo ambito. Questo approccio è ugualmente valido. Per il machinima il discorso e’ analogo. Può essere il risultato del lavoro di un gruppo di ridotto di persone che lavorano insieme, oppure può essere il prodotto di un autore indipendente che lavora in piena autonomia. Per quanto possano sembrare strategie di produzione differenti, che si relazionano a pubblici diversi, sono entrambi validi. Personalmente ritengo che un machinima sia il risultato degli sforzi di una collettivita’, ma un gruppo non è strettamente necessario.
Ludologica: Si sente spesso affermare che il machinima rappresenta il punto di ingresso per i neo-filmmaker, che è più economica di altre tecniche e che è una tecnologia prediletta dai principianti. Simili affermazioni non ti offendono, non squalificano il machinima?
Alcune personalità a Hollywood parlano del machinima come di un ottimo strumento di pre-visualizzazione che permette di visionare in anteprima le successive riprese dal vivo. Questo rappresenta, in alcuni casi, un buon impiego del machinima. Altri considerano questa potenzialita’ del mezzo – e la sua estetica – come una preview del prodotto finale. Io ritengo che si tratti di prospettive differenti. Se i filmmaker usano il machinima come semplice “pre-visualizzatore” o che non lo considerino per nulla impegnativo, dobbiamo concludere che il medium ne esce “squalificato”? Probabilmente sì, dipende con chi parli… In realta, se alcuni considerano il machinima solo come un prodotto grezzo, di lavoro e non “finale”, forse è meglio cosi’. Ci sono altri che ritengono che il machinima vada bene così com’è. Non voglio dire che stiamo cercando di promuovere o giustificare la mediocrità dell’estetica visiva di alcuni machinima… Credo che si stia facendo strada una maggiore tolleranza verso la forza delle storie rispetto alla mera estetica. Penso a un cartoon animato come South Park: l’aspetto grafico non deve essere per forza sofisticato e iper-realistico per esprimere qualcosa di convincente. Abbiamo visto tutti animazioni estremamente semplici che hanno poco a vedere con la cosmesi, ma che servono a veicolare in modo efficace una storia, delle idee. Il machinima viaggia sullo stesso binario. Io lo considero un approccio semplice ma già definitivo. Non e’ un semplice strumento per girare film dal vivo, il machinima non e’ subordinato al cinema.
Ludologica: L’animazione tradizionale si basa sul principio del “fotogramma per fotogramma”, la natura del machinima invece si basa sul principio, quasi l’opposto, del tempo reale. Cosa comporta questa differenza?
Penso che la differenza stia nel rapporto tra soggetto e cinepresa. Quando lavori fotogramma per fotogramma hai un rapporto molto intimo con il soggetto per un lungo periodo di tempo. Quando produci dal vivo e in tempo reale, hai lo stesso rapporto, ma quello che succede nella performance esercita un ruolo piu’ preponderante, anche perché non hai il diretto controllo sul suo svolgimento. Questa mancanza di controllo esercita un certo fascino, perché lascia al soggetto la possibilita’ di agire in modo quasi autonomo, di essere ciò che è, soprattutto nel machinima, dove molti aspetti vengono gestiti da sistemi automatici e la narrazione viene delegata ai soggetti. Penso che questa sia una sostanziale differenza: nell’animazione siamo interessati da ogni fotogramma, sappiamo cosa sta accadendo quasi in ogni punto della pellicola, mentre nel machinima si spera nel meglio, e anche se non riusciamo ad ottenere quello che desideravamo, abbiamo comunque creato un’esperienza che non ci aspettavamo.
Ludologica: La maggioranza degli autori di machinima sostiene che il loro lavoro “appartiene” al cinema live-action, questo perché considerano l’animazione esclusivamente come una tecnica basata sul “fotogramma per fotogramma”. Io invece considero il machinima come una nuova tecnica per animare. Secondo te, il machinima è una forma “animazione” propriamente detta?
Sì, penso di sì. Il machinima in qualche modo sta ridefinendo la nostra definizione di animazione. Come sottolinei tu stesso, l’animazione è sempre stata un procedimento fotogramma per fotogramma, ci siamo sempre rapportati all’animazione in questo senso. Ora, per la prima volta, stiamo vedendo film animati liberi da certe definizioni. Secondo alcuni, l’animazione resterà ancorata al modello del “fotogramma per fotogramma” per molti anni a venire e non mi sento di contraddire questa previsione. Allo stesso tempo, ritengo che il machinima stia cambiando le regole del gioco. Rappresenta l’evoluzione del processo di animazione. Grazie al progresso tecnologico, il machinima verra’ sempre piu’ spesso considerato come una forma di animazione tout court.
Ludologica: E’ corretto sostenere che il machinima incorpora al suo interno tre media differenti: teatro, cinema e videogame?
Sì, ci sono decisamente tutti questi elementi coinvolti. Parlavo con un amico di animazione l’altro giorno, e di come Winsor McCay fosse uno dei precursori di innumerevoli media. Le sue opere sono definibili come una forma di teatro animato – interagiva sulla carta con i personaggi che lui stesso creava, abbattendo la quarta parete e ridefinendo il rapporto tra lettore e testo. McCay e’ stato un pioniere in un’arte nuova, in bilico tra differenti forme espressive. Il machinima si trova in un’analoga posizione liminale: si lascia influenzare dal teatro e dal cinema ma al tempo stesso li completa con la tecnologia dei videogiochi.
Ludologica: Se scrivi un racconto potrai usare solo le parole, se dipingi un quadro non potrai uscire dalla bidimensionalità della tela. Quali sono invece i limiti del machinima?
L’altra sera, una persona mi ha detto di aver visto un fantastico machinima realizzato con “Pam”, al che ho risposto che non si trattava affatto di un machinima. Infatti, il machinima prevede la manipolazione di un ambiente virtuale e “Pam” non e’ un ambiente vituale. Questo episodio mi da’ lo spunto per sollevare un’annosa questione: dove comincia e dove finisce il machinima? Quali sono i limiti, i paletti, i confini? Il dato certo e’ che machinima e’ un termine in continua fluttuazione: la definizione attuale e’ spesso oggetto di intense discussioni all’interno della comunita’ ed e’ assai frequente che i migliori machinima per alcuni siano considerati semplici film d’animazione per altri. Si tratta di un problema di terminologia, di vocabolari condivisi (o ignorati), di linguaggio, ma anche di capitale culturale, di interessi politici… Che si tratti di stop-motion o di pixillation fotogramma per fotogramma, la definizione di machinima e’ tutt’altro che accettata universalmente. Ci vorra’ ancora del tempo prima che si raggiunga una certa stabilita’. Come dire: ci stiamo lavorando.
Ludologica: “Diary of a Camper” è considerato da tutti il primo machinima, ma io vorrei suggerire una lettura differente. A mio avviso, il machinima nasce direttamente coi videogiochi, rappresenta infatti la loro componente narrativa. Mi riferisco, chiaramente, alle cut-scene create con il motore di gioco. Che ne pensi?
Se per machinima si intende la produzione di film all’interno di uno spazio tridimensionale virtuale, allora la tua lettura e’ condivisibile. Per esempio, ora sto lavorando su Mass Effect di Bioware, che ritengo una forma di machinima particolarmente ambiziosa. Non stiamo pasticciando con il motore di gioco ne’ facendo cose che non dovremmo fare, stiamo usando il motore di gioco per fini previsti dalla sua configurazione originaria. E’ chiaro che il mercato sta spingendo verso questa direzione, ma non c’e’ nulla di sorprendente, sotto questa luce.
Ludologica: Come giudicano il vostro lavoro i grafici e gli animatori che operano nel settore dei videogame?
Mi fa sorridere questa domanda, perché ora che lavoro in una software house al fianco di animatori posso avere un feedback immediato, diretto. Le reazioni sono assai differenti. Per alcuni, il machinima e’ un medium parassitario, in quanto consiste nella manipolazione di opere realizzate da altri. E l’idea che qualcuno possa riproporre un’opera altrui in forma differente e’ spesso bersaglio di critiche da parte degli addetti ai lavori. Per questa categoria di professionisti, il videogioco andrebbe usato solo ed esclusivamente per scopi ricreativi. Come artista posso capire il loro punto di vista: il fatto che qualcuno possa trasformare la tuacreazione, modificare la tua visione originale e’ un’eresia. Altri, tuttavia, sono molto piu’ tolleranti e, anzi, apprezzano gli usi imprevisti delle loro opere. Per questa seconda categoria, ognuno puo’ ridefinire opere di ingegno e di creativita’, aggiungere il proprio contributo. Non si tratta per tanto di distruggere un’opera altrui, ma di ricontestualizzarla, ridefinirla. Infine ci sono alcuni animatori di videogiochi che non amano il machinima a partito preso e che lo trovano infantile o inutile.
Ludologica: Il numero di visitatori al primo European Machinima Festival e’ stato inferiore alle aspettative. La situazione e’ diversa negli Stati Uniti?
In genere, negli Stati Uniti la situazione e’ differente anche perche’ il machinima e’ piu’ conosciuto. Abbiamo organizzato molti festival negli ultimi anni e il successo del medium e’ in costante ascesa. In Europa, tuttavia, il machinima rappresenta una novita’ e non mi stupisce la scarsa affluenza di pubblico. Ma se guardi alla storia del cinema, vedrai che anche manifestazioni come Sundance e Toronto – dedicate alle produzioni indie – non hanno immediatamente riscosso il successo di cui godono oggi. Era importante, per l’Europa, organizzare questo festival. Credo che gli organizzatori debbano essere soddisfatti per i risultati che hanno ottenuto. Il primo festival machinima che abbiamo organizzato nel 2000 e’ stato seguito da meno di cento visitatori. All’ultima edizione, i vistitatori erano oltre mille al giorno. Il fenomeno e’ in crescita: c’e’ grande attenzione e interesse da parte del pubblico. Prevedo che questo pattern si ripetera’ anche in Europa.
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