Immagini: Andrea Peduzzi
"Game design Made in Italy. Ci prova il CarcanoGamesLab Como, un'iniziativa curata da un gruppo di intraprendenti game designer ed appassionati di videogame - Andrea Peduzzi, Filippo Zanoli (autore di una recente monografia su Bioshock), Andrea Babich (autore di un importante saggio su Super Mario e game designer @ Ubisoft Italia) e Luca Deriu di PlaySis presso l’I.S.I.S. Setificio Carcano di Como. Per una settimana (dal 27 febbraio al 3 marzo 2012), il progetto di sviluppo di videogame ha coinvolto un centinaio di studenti dell'istituto comasco, che oltre a sviluppare prototitpi di videogame hanno curato un blog.
Riportiamo di seguito le considerazioni di uno dei tre curatori, Andrea Peduzzi:
"Buttare giù due righe sul laboratorio videoludico che si è appena concluso mi obbliga a tirare le somme di un progetto che ancora mi ronza in testa. Si è trattato certamente di un lavoro davvero appagante, il cui risultato ha superato le mie aspettative; provare a mettere in fila i pezzi, così a caldo, è abbastanza scomodo, quindi procederò per punti e in maniera vagamente randomica, cercando quantomeno di cominciare dall’inizio.
Il CarcanoGamesLab è stato (è) un laboratorio organizzato e sviluppato da me (Andrea Peduzzi), Filippo Zanoli e Luca Deriu, che ha coinvolto circa un centinaio di studenti (due quarte e due quinte) dell’I.S.I.S. Paolo Carcano di Como. Dopo essersi raggruppati in dieci team, i ragazzi hanno elaborato altrettanti minigame in StencylWorks, partendo dal concept per arrivare alla realizzazione di asset, level design e dinamiche d’interazione.
Com’è nato il GamesLab? Da un paio d’anni con Filippo Zanoli organizziamo un piccolo seminario teorico sui videogiochi per l’istituto di qui sopra. L’ottima accoglienza ricevuta dalle lezioni ha spinto la preside a fidarsi di noi e a investire su un progetto più strutturato, nonché inserito nella didattica regolare delle classi di grafica e arte, che per una settimana hanno sospeso le lezioni e pasticciato con i videogame. All’inizio c’è stato qualche dubbio sulla fattibilità della faccenda (cento ragazzi sono davvero tantissimi da gestire), ma alla fine il coraggio e l’incoscienza hanno prevalso, corroborati dall’idea che sprecare un’opportunità del genere sarebbe stato folle.
Come ci siamo mossi? Per prima cosa abbiamo impostato delle lezioni teoriche per fornire agli studenti una buona infarinatura sul concetto di videogame, sui generi videoludici e sulle loro principali dinamiche di interazione, tuttavia restava da risolvere la parte pratica. Fortunatamente siamo riusciti a coinvolgere Luca Deriu di PlaySys, che si è dimostrato un elemento insostituibile per l’elaborazione e la riuscita del progetto.
Tutto è filato liscio? Nei limiti del possibile, sì. Naturalmente di problemi ce ne sono stati, soprattutto quando è iniziato il lavoro su Stencyl e sulla logica; tuttavia Luca e Filippo (io sul lato tecnico resto un po’ zoppo) sono riusciti ad arginare il grosso delle difficoltà, permettendo ai ragazzi di portare a casa - chi più, chi meno - il risultato. Va detto che il nostro obiettivo non era la produzione di giochi perfettamente funzionanti o di qualità (anche se alcuni esiti sono stati relativamente sorprendenti, in questo senso), quanto piuttosto comunicare le prassi dello sviluppo e far passare il lato “umanistico” del game design, disciplina popolata da gente culturalmente affamata e onnivora.
Anche a livello di materiale umano siamo stati davvero fortunati: gli insegnanti dell’istituto deputati al progetto - in primis la professoressa Lanzi - hanno seguito gli studenti con competenza e attenzione. Eppure la vera sorpresa sono stati i ragazzi: svegli, reattivi, capaci di declinare ad hoc le proprie abilità grafiche e assimilare in breve tempo concetti complessi come la logica di Stencyl e le dinamiche d’interazione. Nei momenti di massima pressione sono rimasti tutti concentrati sulle loro task senza disperdersi o cercare di fare mille cose insieme, e poco prima della consegna qualche studente ha passato la notte sveglio sul progetto. Per quello che vale l’esperienza di una settimana, l’idea che mi sono fatto è che gli adolescenti di oggi sono lontani dagli stereotipi che circolano, nonché più ironici e meno provinciali rispetto ai liceali dei miei anni Novanta. Merito di internet? Può darsi, ma con la sociologia spiccia mi fermo qui.
In chiusura vorrei segnalare che, tecnicamente, il laboratorio non è ancora finito, e durante il mese di aprile ai ragazzi verrà somministrata una lezione speciale sul game design tenuta da Andrea Babich di Ubisoft; lo ringrazio di cuore, perché nonostante i sui millemila impegni ha trovato il tempo di rispondere alla nostra chiamata, così come ringrazio Ilaria Amodeo di AESVI per i manuali sulla game education che ci fornisce da tre anni a questa parte." (Andrea Peduzzi)
Immagini: Andrea Peduzzi
Infine, ecco alcune considerazioni del designer Luca Deriu che racconta il suo punto di vista sull'esperienza:
"Le cose che mi hanno colpito maggiormente sono state:
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L’approccio della direzione – interessata a fornire ai ragazzi le conoscenze basilari che si celano dietro alla realizzazione di videogames interattivi.
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La partecipazione dei docenti – coinvolti e interessati quasi più degli studenti :). Durante i miei interventi vedevo professori prendere appunti e più di una volta mi è stato chiesto a che ora precisa avrei tenuto il successivo intervento, in modo tale da non perdere una virgola.
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Il coinvolgimento degli studenti – dapprima di parlava di 120 ragazzi, poi il numero si è ridimensionato restando comunque sul centinaio.
Al di la dei 10 risultati finali, piacevoli e funzionanti, sviluppati da mini team, la cosa bella è stata trasmettere ai ragazzi che realizzare videogiochi non significa giocare (sempre e solo) con i videogiochi." (Luca Deriu)
Si tratta di iniziative incoraggianti che fanno ben sperare per il futuro del game design Made in Italy.
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