In occasione dell'imminente uscita nellle librerie di Dezmond. Una lettura di Assassin's Creed 2 di Dario Compagno, il diciottesimo volume della serie Ludologica. Videogiochi d'Autore, abbiamo discusso della serie di Assassin's Creed con Mario Ricco, ex-Art Director di Ubisoft e Black Bean Games e oggi imprenditore videoludico tout court con Dreamslair Entertainment. Mario Ricco ha partecipato allo sviluppo di titoli come Tom Clancy's H.A.W.X (2009), SCAR: Squadra Corse Alfa Romeo (2005), Apex (2003), Superbike 2000 (2000), Superbike 2001 (2000), Superbike World Championship (1999), Nightlong: Union City Conspiracy (1998) e Ark of Time (1997). A maggio, Ricco ha partecipato all'evento Game Bang Gamerz Talk! presso la Triennale di Milano. In questa intervista, Ricco parla di follia, Neo-Classicismo, paradigmi e cronologie.
Matteo Bittanti: Mario Ricco, un passato recente a Ubisoft come Art Director. Che ne pensi della serie di Assassin's Creed, tu che hai potuto vederla nascere e crescere da una posizione privilegiata, da "insider"?
Mario Ricco: Assassin's Creed è il primo vero grande "classico" della storia dei videogiochi moderni. Per moderni mi riferisco al fatto che i videogame sono diventati una forma d'arte matura e hanno dunque abbandonato il loro aspetto di meraviglia tecnologica. Oggi il videogame rappresenta per diventare finalmente metafora della realtà. L'assassino si è fatto largo, a forza, tra una folla automi virtuali per riuscire a diventare da mero alter ego dell'utente a primo vero personaggio videoludico.
Matteo Bittanti: Spiegati meglio...
Mario Ricco: Intendo dire che con Assassin's Creed abbiamo potuto assistere alla nascita di un classico che sfrutta lo specifico del medium videoludico per offrire esperienze che altre forme espressive non sono in grado di restituire. Si tratta di un'esperienza davvero emozionante, almeno "emozione intesa" è quanto ho provato quando ho giocato per la prima volta a questo videogame. La stessa emozione che devono aver provato coloro che hanno avuto la fortuna di vedere la prima prospettiva creata da Masaccio, hai presente? Fin dalla sua prima apparizione l'assassino mostra il suo terribile fascino: incappucciato, metà bandito, metà monaco guerriero, il nostro debutta nella palestina invasa dai crociati. Anche se lo scenario è quello di un medioevo scolastico, apparecchiato in modo diligente a Montreal, il colpo è stato sicuramente messo a segno: ci troviamo di fronte a un nuovo classico. Anzi, la nuovo Classico.
Matteo Bittanti: Allo stesso tempo, Assassin's Creed rimedia altri aspetti della visual culture e della narrativa popolare...
Mario Ricco: Certamente. All' inizio non è del tutto chiaro che il suo destino non si compirànel deserto del medioriente ma alla corte dei Papi e quindi a Costantinopoli, nella proposizione di un Rinascimento supponente e un po' libresco e dal sapore vagamente tardo-romantico, e forse colorato da troppi tramonti. Comunque sia, siamo giànella letteratura, tra Scott e Salgari, letteratura per ragazzi, ma pur sempre letteratura, mille anni luce di distanza da quello spirito bricoleur da bambini cresciuti che per molto, forse troppo, tempo ha ispirato nel mondo dei giochi. Ripeto: con Assassin's Creed il concetto di classico si fa breccia nel mondo dei videogiochi.
Matteo Bittanti: Mi incuriosisce questa idea del personaggio, anziché dell'avatar...
Mario Ricco: L'assassino è costruito con la minuziosità di un personaggio di Dumas... L'assassino parla attraverso la sua camminata. Visto sempre di spalle ha un incedere da cattivo attraverso la quale trasmette tutto il suo carico di ambiguità. Non ti dico quante notte di lavoro è costato agli animatori di Ubisoft... L'assassino come il tenente Willard di Apocalypse Now con la sua missione da compiere : uccidere Kurtz. Gli eroi del nuovo millennio sono tutti ambigui : un corsaro dandy, un cannibale leggermente snob, un assassino senza volto.
Matteo Bittanti: In altre parole, la rilevanza culturale ed artistica di Assassin's Creed travalica quella del videogame in quanto tale, no?
Mario Ricco: Sicuramente! L'assassino rappresenta il primo personaggio di un videogioco che supera i limiti imposti del suo mezzo per diventare altro. Ed è fondamentale a mio avviso sottolineare la natura disturbata di questo personaggio. La follia domina i videogame. In fondo i giocatori stessi sono dei malati di mente che pensano di salvare interi mondi sullo schermo quando in realtà non si muovono dalla loro cameretta. Penso a Michel Foucault e alla storia della follia come catalizzatore oscuro dell'Occidente. Penso a Friedrich Nietzsche e alla follia come unico criterio possibile per comprendere la realtà...
Matteo Bittanti: Qual è la caratteristica peculiare dell'interazione videoludica?
Mario Ricco: Esistono tre tempi e sono tutti e tre il presente. Nel videogame non esiste passato o futuro. Tutto si svolge in "tempo reale", reale si fa per dire, dato che non esiste nulla di più virtuale. L'escamotage del viaggio del tempo di Assassin's Creed è una metafora della cronologia del videogiocare.
Matteo Bittanti: In uno splendido saggio critico su Sid Meier's Civilization, avevi scritto che il videogame propone un revisionismo storico guidato dagli dall'estetica hollywoodiana e dalle prerogative della cultura americana. La tua analisi si applica anche ad Assassin's Creed?
Mario Ricco: Direi proprio di sì! Affermare che la Firenze virtuale del videogame di Ubisoft è più reale di quella "vera" è cosi ovvio che non vale nemmeno la pena di spenderci sopra troppe parole. Trovo interessante che Assassin's Creed - il videogame - abbia influenzato il cinema hollywoodiano. Si pensi, per esempio, al film di Anderson, I Tre Moschettieri, che sfiora il plagio. Stiamo assistendo alla rilettura dei grandi classici attraverso il cinema popolare - i blockbuster - e dei videogame. Questa urgenza di spiega con il vuoto pneumatico dell'ideologia. In assenza di punto di riferimento, il classico torna di moda. Capisci? E' il cuscino sul quale poggiare la propria testa, l'invenzione della storia e le angosce dei replicanti senza passato di Blade Runner. I videogiochi vogliono uccidere la tradizione alla fine sono costretti a recuperarla, il Rinascimento che vuole uccidere il passato alla fine deve reinventare la classicità. Proprio nel momento in cui raggiungono l'apice i videogiochi cominciano il loro declino.
Matteo Bittanti: In quanto...
Mario Ricco: Si tratta del destino inesorabile delle forme artistiche che raggiungono l'apogeo, arrivando quasi a superarsi, per poi decadere e ritornare al loro stadio primitivo. Forzare il mezzo fino ad esasperarlo e poi farlo implodere. Il tentativo di essere altro da se stessi. Cercare di superare il limite. Il superuomo di Nietzsche, vissuto dal videogame stesso, che oggi sta sprofondando in una crisi tragica. La copia del vero, la mimesi, la reinvenzione del passato. I videogiochi recuperano la classicità rinascimentale per diventare a loro volta un classico. Il Rinascimento è un colpo di stato culturale attraverso il quale si eliminano mille anni di cultura gotica e bizantina. L'estetica come altra faccia dell'etica. Lo sterminio dei segni anticipa quello dei corpi.
Dezmond. Una lettura di Assassin's Creed 2 di Dario Compagno sarà disponibile in tutte le librerie a giugno.
Commenti
Puoi seguire questa conversazione iscrivendoti al feed dei commenti a questo post.