Alessandro Longo discute sull'Espresso il potenziale del cloud gaming e mi domanda: Quali sono le implicazioni della nuvola a livello ludico? Potrebbe rinnovare la game culture rispetto alla tremenda crisi di creatività che sta vivendo?
Matteo Bittanti: La risposta è semplice e al tempo stesso complessa, Alessandro.
Il 2 luglio scorso, su WIRED avevo illustrato alcune possibili conseguenze dell'acquisto di Gaikai da parte di Sony. Di seguito aggiungo alcuni commenti.
I dati statistici indicano che dal 2009 le vendite complessive di videogame a livello retail sono in calo. Detto altrimenti, negli ultimi tre anni, i negozi - online e di mattoni - vendono meno videogiochi confezionati o packaged, che in italiano vedo spesso tradotto con l’orrido termine “pacchettizzato”.
Come si spiega il declino? Le ragioni sono numerose. Ne indico tre.
In primo luogo, la proliferazione delle piattaforme ludiche: tablet e smartphone competono direttamente con le console portatili e indirettamente con quelle domestiche. I nuovi dispositivi mobili hanno cannibalizzato una parte dell'utenza, nello specifico quei giocatori che non hanno la minima intenzione di spendere 60 euro per un gioco quando l’offerta free-to-play è enorme. Tablet e smartphone hanno inoltre creato nuovi mercati e nuovi pubblici tout court.
Per contenere l’emorragia e catturare nuovi utenti, non necessariamente hard-core, le aziende produttrici hanno riconfigurato la natura stessa delle console domestiche, presentandole come set-top box, media streamer e dispositivi tuttofare che rendono “smart” l’altrimenti uno strumento tradizionalmente stupido come la televisione, non a caso soprannominato “idiot box” negli Stati Uniti. E’ il caso di Xbox 360, che attraverso il sempre più sofisticato Xbox Live offre dosi abbondanti di cinema, televisione e musica. Xbox 360 ha inaugurato l'era post catodica. Come immagino saprai, oggi gli utenti americani della console Microsoft usano la console più per consumare contenuti audiovisivi -film e serie televisive (Netflix, Vudu, Cinema Now, Amazon, Hulu etc.) e sport (cfr. ESPN) - che per videogiocare. Considerando che da diciotto mesi a questa parte Xbox 360 è la console più venduta negli Stati Uniti, il fenomeno è significativo.
In secondo luogo, abbiamo assistito alla crescente diversificazione dei canali di distribuzione dei contenuti videoludici. Molti dei titoli più originali e innovativi per PC e console sono distributi solo online, in formato download. Qualche esempio: Fez, Limbo, Journey, Trials HD, Braid, Toy Soldiers ma anche Dear Esther, proposti via Xbox Live, PlayStation Network o Steam. Molti sviluppatori PC, specie quelli indipendenti, hanno abbandonato da qualche tempo il settore retail tradizionale per commercializzare i loro prodotti direttamente ai consumatori. Penso per esempio a Stardock, che sviluppa uno dei miei giochi per PC preferiti, Sins of a Solar Empire. L’ultimo episodio, sottotitolato Rebellion, è disponibile solo dal sito del publisher e ha totalizzato oltre centomila downloads in meno di un mese. Un altro dei miei sviluppatori preferiti, Paradox Interactive, vende tutti i propri titoli online, e qualcuno anche in scatola... Il fenomeno indie Minecraft ha superato quota tre milioni di download per Xbox 360... Non mi stupisce che anche i giganti, come Electronic Arts, abbiano annunciato la loro intenzione di ridefinirsi come aziende 100% digitali nel giro di pochi anni... Per quanto concerne tablet e smartphone, non esiste altro formato di distribuzione all’infuori del download istantaneo. Solo un’azienda come Nokia poteva pensare di vendere software su cartuccia per la sua tragica piattaforma, N-Gage. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Nokia è un po’ come la Kodak dei dispositivi mobili.
In terzo luogo, il mercato videoludico “istituzionale” è in fase di stallo da almeno tre anni. Procede per inerzia attraverso insipidi sequel, prequel, remake, spin-off e versioni rimasterizzate di titoli già giocati ad nauseam e che si rivolgono esclusivamente al segmento hard core, gli irriducibili che fanno la fila davanti a un negozio GameStop per essere i "primi" ad acquistare una copia di Halo 4 o Call of Duty: Black Ops 2. Se si eccettuano queste frange oltranziste - che esistono in ogni ambito della popular culture, beninteso - e i reparti marketing delle sempre più disperate software house, è evidente a tutti che il videogame sta attraversando una profonda crisi creativa che ricorda la crisi dei primi anni Ottanta, prima del grande crash. Si producono sempre meno giochi, per via dei costi di sviluppo particolarmente alti e si disincentiva l’innovazione, perché i publisher sono restii a proporre qualcosa che non sia ultra-familiare, collaudato, safe. Mere variazioni sul tema. Così facendo, tuttavia, hanno finito per annoiare gran parte dell’utenza che fatica a cogliere la differenza tra il quarto e il quinto episodio dello sparatutto 'X' o del gioco di ruolo 'Y'. L'E3 lonsagelino lo ha confermato.
Onlive su tablet
Ora, la nuvola rappresenta, in primo luogo una nuova modalità di distribuzione dei videogame. Per il momento, OnLive e Gaikai si limitano a distribuire in modo inedito contenuti già esistenti, sviluppati da terzi. Allo stesso tempo, il cloud gaming comporta un considerevole ridimensionamento dell’hardware attraverso il quale viene fruito il videogame. Questo significa che qualsiasi dispositivo dotato di un monitor e di un’interfaccia di controllo (joypad, mouse o tastiera) diventa de facto un terminale ludico. La soglia di ingresso diventa minima.
Si tratta, chiaramente, di un cambio di paradigma: il videogame diventa "trasmissibile" come un programma televisivo. L’acquisto da parte di Sony di una delle aziende leader del cloud gaming, Gaikai, è strategicamente cruciale. L’azienda di Kaz Hirai mette le mani avanti per evitare di farsi cogliere impreparata di fronte alle nuove sfide. Sony non ha ancora annunciato come intende utilizzare la tecnologia cloud anche perché la nuvola abbisogna di una potente infrastruttura. Un'infrastruttura che per il momento, è disponibile solo in paesi tecnologicamente avanzati (Corea del Sud, alcuni stati americani, il Nord Europa, grandi metropoli iper connesse come Londra etc.).
Perché il servizio funzioni - e funzioni per milioni di utenti - è necessario un collegamento in banda larga veloce, per evitare problemi di latenza. Nel caso di un medium interattivo come il videogame, pochi millisecondi di ritardo possono compromettere la qualità dell’esperienza. Non dico che i fortunati del Kansas dotati di Google Fiber siano gli unici a sfruttare appieno il cloud gaming, ma quasi... D'altra parte, la tecnologia si evolve rapidamente e quello che sembrava impossibile due anni fa oggi è realistico.
A mio avviso, tuttavia, il vero potenziale della nuvola sta altrove. Il medium è il messaggio, come suggerisce McLuhan. Mi aspetto dunque nuovi modi di giocare. OnLive, per esempio, può trasformare il gaming in un fenomeno di natura spettatoriale oltre che interattiva. Mi riferisco all’opzione MultiView, annunciata durante l’ultima edizione dell’E3 losangelino che offre agli utenti la possibilità di fruire l’azione che si svolge in-game. Lo schermo si frantuma in tre finestre che mostrano ad altrettanti utenti una sessione di gioco in tempo reale. Le possibili applicazioni includono forme di spettatorialità durante le competizioni ufficiali, ma anche tutorial interattivi o performance di vario tipo a cui si può partecipare dietro invito. La moltiplicazione di schermi e finestre rappresenta una delle caratteristiche clou della prossima generazione ludica.
Mi auguro, inoltre, che oltre ad introdurre nuovi modi di giocare, il cloud gaming possa introdurre nuovi giochi tout court, applicazioni capaci di sfruttare appieno lo specifico di questa tecnologia.
Onlive Multiview: il videogame come fenomeno spettatoriale?
Detto altrimenti, per il momento il cloud gaming non è una rivoluzione, ma una transizione.
Analogamente, il digital download non sostituirà il prodotto inscatolato nottetempo, ma la direzione è chiara. Nei prossimi anni, il ruolo degli intermediari - i negozi, i distributori - è destinato a ridimensionarsi considerevolmente. Nel momento in cui gli utenti possono acquistare titoli direttamente da Microsoft, Sony, Nintendo e dalle singole software house, l’idea di dover aspettare l’arrivo del corriere espresso per poter giocare all’ultimo episodio di FIFA o Call of Duty sembrerà assurda. In un certo senso, è già anacronistica nell’era del game-on-demand e della sincronizzazione dell’esperienza ludica su piattaforme multiple (specie nell'era degli schermi secondi, terzi e quarti....).
In settori come la musica e il cinema la transizione è stata rapida. Netflix ha sterminato Blockbuster nel giro di pochi anni. Oggi, a sua volta, Netflix rischia di venire spazzato via dal video on demand. I megastore si stanno estinguendo (Virgin Megastore, Borders, FNAC - resistono solo in mercati arretrati). Ho smesso di comprare CD e DVD nel 2005. Da due anni a questa parte, il mio consumo di libri cartacei è crollato. I videogiochi sono il medium naturale per la transizione nella nuvola. E’ venuto il momento di svuotare le nostre case, liberarci della paccottiglia che abbiamo accumulato in tutti questi anni. Liberiamo spazio fisico e mentale, defragmentando il nostro cervello. Nell’era digitale, l’accesso è molto più importante del possesso.
Chi ce lo fa fare di riempire la casa di plastica e carta quando possiamo accedere ai bit attraverso uno schermo? Le informazioni - parole, musica, immagini, videogame - sono un mero servizio. E’ come l’acqua che scorre dal rubinetto. Ho sempre trovato la feticizzazione degli oggetti, la venerazione per il libro di carta, la santificazione della Collector’s Edition dell’ultimo, sigh, franchise, abbastanza patetica. I supporti di registrazione sono semplici incidenti della storia e ai contenitori preferisco i contenuti.
Per tanto, le implicazioni del cloud gaming sono filosofiche ed esistenziali, prima ancora che pragmatiche. La logica cloud si applica a ogni aspetto della nostra esistenza. Ti faccio un esempio. Nel 2010 mi sono liberato dell'automobile e per girare in citta- mi servo esclusivamente di servizi di car sharing come Zipcar, della bici e dei mezzi pubblici. Ho persino venduto la mia amata Vespa all'amico Massimo. Dopo un iniziale spaesamento ti rendi conto che avere un'automobile fa molto Ventesimo secolo. Si tratta di una tecnologia sostanzialmente rotta, vetusta, obsoleta che crea solo problemi: inquinamento, costi personali e collettivi, traffico, incidenti... per non parlare dei parcheggi, un vero incubo, specie a Milano. L'auto andrebbe usata con la massima moderazione, solo quando e- impossibile farne a meno, leggi: quasi mai. L'idea che l'auto rende liberi e felici è una delle mille scemenze inventate dai pubblicitari.
Tornando ai videogame, le cose più interessanti probabilmente verranno da settori ai margini, periferici, piuttosto che dai grandi dinosauri. Gli effetti del crowdfunding e delle start-up sono imprevedibili - Gaikai e OnLive - ma anche Zynga - sono aziende giovani pur essendo state fondate da veterani del mercato, Dave Perry e Steve Perlman rispettivamente. Stanno applicando alla lettera il mantra di Alan Kay per cui l'unico modo di prevedere il futuro è inventarlo. Onlive, come la Nutella, si spalma su dispositivi multipli, dai televisori smart di LG alle console open source come Ouya... Gaikai ha stretto accordi con Facebook. Insomma, si combatte su tutti i campi.
Non escludo che Nintendo possa seguire l’esempio di Sega e trasformarsi in puro sviluppatore di contenuti, lasciando il campo a Microsoft e Sony. Non escludo che Apple, Google e Samsung possano approfittare della situazione per scendere in campo, anzi, nei campi. Il mercato videoludico sta diventando sempre più frammentato, diversificato, personalizzabile.
Dopo un lungo letargo, finalmente si sta risvegliando.
Il cloud gaming non è IL futuro, ma è sicuramente un futuro possibile.
Il tipping point è dietro l’angolo.
L'importante è non sbattere contro il muro.
Matteo Bittanti