Questa immagine s'intitola "Bliss". Raffigura la collina usata per lo sfondo di Windows XP.
Questa è l'immagine di "Bliss" scattata automaticamente da Google Street View.
Bliss si trova qui: 3275 Highway 121, a Sonoma Valley, in California.
L'immagine è stata scattata dal fotografo americano Charles O'Rear, che risiede a St. Helena, nella Napa Valley.
Nel 1996 il vigneto non esisteva.
Oggi c'è.
Lo dice Google Street View.
Le coordinate sono: 38.250124,-122.410817.
O'Rear ha scattato la foto ai bordi dell'highway CA 121/12.
Non esiste una differenza qualitativa tra l'immagine di Google Street View e lo sfondo di Windows XP.
Dopo tutto, le state guardando sulla finestra del vostro computer, tablet, smartphone.
Poi ci sono queste foto.
Ok, partiamo.
Qualche giorno fa, Google ha ampliato l'opzione di Street View, introducendo gli scenari panoramici delle autostrade statunintensi nonché l'opzione di esplorazione remota dei parchi naturali della California attraverso la popolare interfaccia cartografica. Si tratta di succulenti DLC (downloadable content o "contenuti scaricabili") per viaggiatori schermici.
Google Maps è uno dei miei racing game preferiti. Adoro guidare sulla Cabrillo Highway, altrimenti nota "Highway 1", alla velocità di un frame al secondo. La guida procede a scatti, ma lungi dal rappresentare una debolezza, nelle mani di un game designer sgamato, questa caratteristica peculiare potrebbe introdurre un nuovo modo di giocare. Ipotizzo un racing game a turni, un omaggio digitale ai board game degli anni Settanta. Ora o mai più: è solo questione di tempo prima che le fotografie statiche verranno rimpiazzate da video iper-fluidi. Quando l'upgrade si materializzerà, Google Maps sarà indistinguibile dai racer iper-realistici di ultima generazione.
Need for speed? Al contrario. Il proto-gioco di corsa di Google Maps rappresenta l'antitesi della "febbre della velocità" tipica dei videogame. Invece della corsa frenetica contro il tempo o altri avversari motorizzati propone il tour contemplativo. Come Kundera, celebra la lentezza. In questo scaso, l'enfasi è sullo scenario anziché sulla performance del pilota. Nel Google racer, la vettura è del tutto irrilevante, invisibile, assente, mentre nelle mega-produzioni per console e PC - vere pubblicità interattive dei brand automobilistici - siamo alla guida di vetture ultra-definite, copie poligonali delle automobili "reali".
Com'è noto, Google sta mettendo a punto veicoli robotizzati, dotati di pilota automatico. Nel momento in cui auto e autista diventano irrilevanti, invisibili, assenti, il circuito acquista un'inedita importanza Diventa, per la prima volta, visibile. In questo senso, il racing game "scattoso" di Google Street View rappresenta un'anticipazione, una sneak preview del nostro futuro.
Gli artisti contemporanei - quelli che il teorico dei media Vilem Flusser ha definito "visionari" (visioneers) - utilizzano Google Street View per creare mash up che combinano estetiche videoludiche, cinematografiche e musicali. Uno di questi affascinanti ibridi è "Address is Approximate" (The Theory, 2012), storia di una vettura giocattolo che compie un viaggio da New York alla California. Creato con Street View, una Canon 5d MkII, Dragonframe Stop Motion software e uno slider customizzato, "Address is Approximate" è un artefatto liminale. Videogame? Machinima? Esperimento cartografico? L'opera dei britannici Tom Jenkins e Simon Sharp (The Theory) si colloca all'intersezione di pratiche estetiche eterogenee e come tale, rappresenta qualcosa di radicalmente nuovo.
"ON THE RUN: A close look at world art of Need for Speed" è un video dell'artista francese Sébastien Linage, altrimenti noto come il direttore creativo di Need For Speed: The Run (2011). Dieci minuti in computer grafica che mostrano le ambientazioni virtuali create per il racing game di Electronic Arts, in gergo "World Art", tra cui le repliche digitali di Yosemite Park e Approach, Tioga Pass, Smoky Mountain e la Million Dollar Highway in Colorado. La natura non interattiva del machinima conferma che il formato video (non videogame) è il medium ideale per apprezzare davvero i paesaggi sintetici.
Sébastien Linage, "ON THE RUN: A close look at world art of Need for Speed: The Run", 2012, via GameScenes)
"Slow Down. A Contemplative Journey Through Need for Speed: The Run". Corsa lenta, non violenta. Anche a livello di titolazione, l'opera di Linage produce effetti perturbanti e destabilizzanti. Guidare lentamente in un videogame conduce inevitabilmente al game over. Il videogame impone una ferrea competizione ed esclude la placida contemplazione. Ma schizzando a folle velocità sulle strade della California videoludica, i piloti virtuali non possono certo apprezzare la ricchezza degli scenari, né cogliere, se non con la coda dell'occhio, la cura che che gli art director e i grafici hanno investito nella creazione di questa particolare "World Art". Spazi ludo-naturali, inventati o modellati su ambienti "realmente" esistenti. Allora, slow down: rallenta. SLOW GAME: chi va piano, va sano e va lontano.
Billy Rennekamp, Clover, 2009
"Clover" (2009) è un'opera dell'artista americano Billy Rennekamp che concilia l'estetica dei racing game con l'interfaccia cartografica di Google Maps. In sei secondi di fotografie digitali in loop, Rennekamp mostra l'itinerario di una vettura invisibile che guida sulle rampe dell'autostrada I-265 e I-71 . Le immagini sono state scattate dalla macchina fotografica di Google montata su una vettura e sono accessibili attraverso l'opzione di Google Street View. La micro-mappa presente in basso a destra fornisce elementi contestuali, indicando il percorso "virtuale" effettuato da Rennekamp. La visuale a volo d'uccello ricorda l'estetica degli arcade game dei primi anni Ottanta come Super Sprint (Atari, 1986) successivamente sussunti nei sandbox game del ventunesimo secolo come Grand Theft Auto (Rockstar Games, 2008).
Nei videogame, il territorio è mappa, la mappa territorio.
Super Sprint, Atari, 1986 (Photo credit: Wikipedia)
Grand Theft Auto IV, Rockstar Games, 2008 (Photo credit)
La situazione è ben diversa nel caso dei videogiochi che privilegiano l'esplorazione pedestre rispetto alla performance agonistica con un mezzo meccanico-virtuale come l'automobile. Si pensi a The Elder Scrolls V: Skyrim, che ha ispirato una nuova generazione di fotografi videoludici che deambulano per spazi videoludici alla ricerca di scenari da immortalare. Stiamo forse assistendo all'avvento di un Nuovo Naturalismo?
In un certo senso, il fenomeno non presenta aspetti particolarmente innovativi.
Ansel Adams, Yosemite Park, 1916
Nato a San Francisco nel 1902, Ansel Easton Adams "scopre" la fotografia nel 1916, grazie all'acquisto di una Kodak Box Brownie, la prima macchina fotografica di massa introdotta dalla defunta azienda americana nel 1900 al prezzo di un dollaro. Il giovane comincia a fissare immagini su pellicola durante una visita al parco nazionale di Yosemite.
La natura acquista visbilità attraverso la fotografia e la fotografia acquista senso attraverso la natura.
Dopo quella fatidica estate spese tra alberi, fiumi e montagne, natura e fotografia diventano due aspetti indissolubilmente legati per l'artista americano. Tra il 1917 e 1918, Adams lavora part time nello studio di un fotografo e dal 1919 viene assunto come custode nella celebre riserva naturale della California. La sua passione diventa una professione. La sua professione diventa la sua più grande passione: Adams organizza spedizioni settimanali all'interno del parco e scatta centinaia di fotografie, che diventano parte integrante del suo "dirio visivo". Utilizzando un nuovo linguaggio, la nuova estetica del nuovo medium fotografico, Adams comunica la natura "mediata" a uno spettatore mai sazio di immagini.
Dead End Thrills, "Route Canal", immagine tratta da The Elder Scrolls V: Skyrim (Bethesda Game Studios, 2011)
Mi sono imbattuto in "Route Canal" curiosando negli archivi online di Dead End Thrills, il popolare sito di fotografia videoludica creato/curato da Duncan Harris di Chippenham, Gran Bretagna. Un'immagine paradossale dato che ambisce a restiture l'atmosfera "pura" e "immacolata" di una natura tecnologicamente mediata, insieme familiare e aliena, dato che non potrebbe esistere a prescindere dalla tecnologia, nella fattispecie sofisticate schede grafiche.
Negli snapshots di Harris, la dicotomia "natura vs. cultura", già entrata in crisi con Adams, si riconfigura come "cultura & cultura". Techno-cultura. Immagini simulacrali, che prescindono da referenti reali. Le spedizioni di Harris, a differenza di quelle del suo predecessore di San Francisco, non prevedono il movimento fisico. A muoversi, semmai, è l'avatar. L'esame delle fotografie sintetiche di Harris richiede dunque l'elencazione degli "strati" di tecnologia che l'hanno resa possibile, gli strumenti usati dal fotografo virtuale:
"Official HD texture patch, customised Cinematic Lighting ENB wrapper, antialiasing (injected FXAA w/ texture pre-sharpening), mods (Realistic Water Textures, Better Dynamic Snow, Vurts Flora Overhaul, Lush Trees, Lush Grass, customised RAN’s Type-A HeadMesh, Better Females by Bella, Director’s Tools, Xenius Character Enhancement, miscellaneous mesh work), free camera, time stop, time and weather control, custom FOV." (fonte)
Mentre Google con Project Glass si appresta ad introdurre l'HUD (acronimo di heads-up display) nella percezione del reale, Harris (e come lui Sebastian Linage) eliminano le marche di riconoscimento del videogame al fine di rendere "realistica" l'immagine ludica. En passant, andrebbe rimarcato che Harris non ama particolarmente l'espressione "fotografia videoludica" (videogame photography) preferendo piuttosto quella di "tourismo videoludico" (videogame tourism). Quest'ultima implica un'idea di movimento e di spostamento assente nella prima definizione. Harris si considera, in primo luogo, un viaggiatore. Sul piano pratico, tuttavia, precisa che:
"L'analogia più appropriata è quella di un fotografo che scatta istantanee da un set per fini promozionali. Il suo ruolo non consiste tanto nel creare una scena quanto nel catturare un mood particolare, il suo movimento, in un singolo frame." (Duncan Harris)
Dopo aver giocato a Skyrim. ho speso più di un'ora ad esplorare il parco di Yosemite via Google Maps, collezionando istantanee che "catturano un mood particolare", a riprova che i viaggi contemporanei oggi sono sedentari e si svolgono sugli schermi. Viaggi virtuali, resi possibile dalla cartografia interattiva, dalla fotografia schermica e dalle interfacce digitali. Al di là di superficiali differenze estetiche, le due esperienze presentano caratteristiche analoghe. Per chi, come il sottoscritto, passa diverse settimane all'anno nei mondi virtuali, gli spazi dei videogame presentano consistenza ontologica.
Detto altrimenti, sono più reali del reale.
Una caratterestica comune dell'esplorazione videoludica e cartografica è la ricerca della glitch, del bug, dell'errore di visualizzazione. La "glitch della matrice" rappresenta il momento in cui la simulazione rivela i propri limiti. Crepe, squarci, intrusioni di un codice in un altro. Gli errori di sistema attestano i malfunzionamenti dei nostri mondi possibili. L'estetica glitch presenta un appeal del tutto particolare, un appeal al quale gli screeners non sanno rinunciare.
Per esempio, un utente di Reddit che si firma con il nickname di "Nexum" descrive la scoperta del tutto casuale di una misteriosa grotta in Skyrim in un post intitolato "I was playing Skyrim when suddenly I found myself in a strange glitchy world, but decided to explore it instead of reloading." (16 luglio 2012).
La documentazione assume la formula del reportage fotografico e consiste in una serie di screenshots e didascalie. Il processo si articola in cinque fasi distintei: 1) l'esplorazione nel mondo videoludico - che presuppone competenze esplorative e abilità di navigazione, 2) la raccolta di immagini in-game, 3) la selezione del materiale iconografico raccolto e 4) la post-produzione, che include la creazione di una storia e la stesura di didascalie. L'ultimo passaggio consiste nella 5) distribuzione e comunicazione online del proprio reportage, in questo caso, il bullettin board più grande della rete, Reddit, e imgur.com, un sito di hosting delle immagini.
Naxum,"I was playing Skyrim when suddenly I found myself in a strange glitchy world, but decided to explore it instead of reloading"a Reddit, 2012 (source)
Il reportage di Naxum è accompagnato da una valanga di commenti che spaziano dalla battuta ironica alla richiesta di delucidazione di natura geografica ("Dove si trova esattamente questa caverna?") o tecnica ("Che software hai utilizzato per scattare le fotografie?"). Altri utenti condividono le proprie esperienze di viaggio e forniscono suggerimenti per individuare location "segrete".
Le glitch dei videogame mi ricordano il progetto "ASOUE. A Series of Unfortunate Events" (2011) del fotografo tedesco Michael Wolf, che raccoglie immagini di incidenti, litigi, anomalie, insomma"errori di sistema" colte automaticamente dall'onniscente macchina fotografica di Google e visibili attraverso la finestra di Street View. La natura polisemica, caotica e imprevedibile del reale e del videogame convergono nel momento in cui vengono filtrate attraverso le interfacce ludiche contemporanee.
"A Series of Unfortunate Events" discovered on Google Street View. Photographs © Michael Wolf
Chiunque abbia speso un considerevole ammontare di ore, giorni, settimane, anni... nei mondi virtuali dei videogame sa che, con il passare del tempo, questi spazi acquistano una consistenza ontologica spesso superiore a quella della cosidetta realtà. Tradotto in italiano, per chi vive nei videogame, gli ambienti videoludici sono più reali del reale, parafrasando il celebre motto della Tyrrel Corporation. Ve lo dice uno che si orienta a San Francisco con la mappa di San Fierro. Per questo motivo, trovo affascinante il momento in cui il reale e il virtuale s'incontrano e si scontrano, generando corto circuiti epistemologici e nuove cartografie. Mi capita spesso di sperimentare questa vertiginosa sensazione di dissonanza cognitiva quando perlustro le pagine di Flickr.
Google Maps e Google Street View hanno fatto proprie gli elementi cartografici e fotografici del videogame . Come tali, si prestano a usi/abusi "ludici": stanno al gioco. Com'è noto, il videogame si presta a differenti modalità di utilizzo. Alcuni giocatori prediligono la progressione o il completamento degli obiettivi prestabiliti a monte dal designer. Altri, hanno fatto propria quella voglia di girovagare senza meta altrimenti nota come wanderlust. Quest'ultima modalità si attualizza nel travelogue, la narrazione personale dell'esperienza di viaggio, che assume l'aspetto del diario multimediale (machinima, screenshot, graphic novel, reseconto scritto etc.). A loro volta, queste modalità di fruizione riflettono la complessità della figura del gamer, che accorpa molteplici funzioni (il viaggiatore, il fotografo, lo scrittore, il regista, il critico etc.). Ecco un altro esempio significativo:
Queste immagini sono tratte dagli album fotografici di LockeVanish, un appassionato di Fallout Las Vegas e Fallout 3 che ha meticolosamente confrontato le ambientazioni del videogame post-apocalittico di Bethesda con le location "reali" di Las Vegas e Washington D.C. rispettivamente. Il suo album include 164 immagini che evocano, per tutti i sopravvissuti all'inferno post-atomico, struggenti ricordi. In un post pubblicato su Reddit, LockeVanish ha spiegato che questo progetto lo ha impegnato per diverse settimane. L'album di Fallout Las Vegas è disponibile qui. Quello di Fallout 3 è invece accessibile qui. Questa passione, se non ossessione fotografica, è solo una delle innumerevoli modalità di fruizione del videogame.
Il wanderlust cartografico di Google, l'esplorazione videoludica, il neo-turismo fotografico e il travelogue sono solo alcuni temi che esploremo su questi (ed altri) schermi nei prossimi mesi.
Buoni viaggi.
Matteo Bittanti
Questo estratto è tratto da un lavoro di prossima pubblicazione.