Di seguito la breve introduzione a LUDOLOGICA tenuta in occasione della presentazione del volume User Generated Cities di Simone Riccardi, Silvia Ombellini e Andrea Cantini alla Triennale di Milano nel corso di BookCity 2014. L'evento è stato moderato dalla Professoressa e curatrice Alessandra Coppa.
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TESTO & IMMAGINI
Buongiorno a tutti,
Mi chiamo Matteo Bittanti e vivo a SimCity.
SimCity è altrimenti nota come San Fierro.
San Fierro è altrimenti nota come San Francisco.
Per chi non lo sapesse, oggi San Francisco rappresenta l’apoteosi della disuguaglianza sociale, economica e culturale degli Stati Uniti, un paese in cui il gap tra le classi abbienti e quelle emarginate - il che include quel che resta della classe media - ha raggiunto il più alto livello dal Diciannovesimo secolo. Il trend, come hanno indicato, tra i tanti, Thomas Piketty e Joseph Stiglitz, è destinato a crescere nei prossimi anni.
La mobilità sociale, negli Stati Uniti, è un mito.
La verità è che oggi l’America è la capitale mondiale della stagnazione sociale.
Non solo. La politica estera americana prevede il ricorso a sciami di droni per bombardare sistematicamente popolazioni inermi. Le vittime civili sono danni collaterali. Oggi, la guerra tele-comandata assomiglia a un colossale videogame.
La politica interna non è certamente meglio.
Per stroncare sul nascere possibili dissensi nei confronti dello status quo, è d’uopo mettere in campo un esercito di Robocop.
Se non fosse tragico, sarebbe quasi comico.
L'intera cittadinanza è sotto sorveglianza continua.
Lo Stato e le corporation sanno tutto di tutti.
Chi grida che "Il re è nudo" è costretto all'esilio.
In questo senso, la realtà supera di gran lunga le fantasie videoludiche, cinematografiche e letterarie.
E per quei quattro che non lo sapessero, oggi negli Stati Uniti ci sono più neri in carcere che schiavi nel diciannovesimo secolo, quando la schiavitù era considerata non solo legale, ma cosa buona e giusta.
Nello stato della California ci sono più afro-americani nelle prigioni che nelle scuole.
Gli americani la chiamano "meritocrazia".
Qualche statistica: gli americani costituiscono solo il 5% della popolazione mondiale, ma la nazione "ospita" il 25% degli incarcerati del pianeta. Nel 2008, c'erano 754 prigionieri per centomila abitanti. Un record assoluto. La crescita della popolazione carceraria negli Stati Uniti è del 500% tra il 1975 e il 2000.
Forse dovrei andare a insegnare in un carcere di massima sicurezza.
In un certo senso, l'ho fatto: I miei ex-studenti che pagano una retta di 40+ mila dollari l’anno per diventare artisti, non solo saranno indebitati per tutta la vita, ma passeranno un debito spaventoso ai loro figli. Il 79% degli studenti hanno un debito medio di 33 mila dollari.
L'unica percentuale che ha conosciuto una crescita più vertiginosa della popolazione carceraria è il costo delle spese universitarie.
Se ancora non fosse chiaro, negli Stati Uniti d'America, solo i ricchi possono permettersi di studiare.
Sono anche loro prigionieri di un sistema sociale che ha fatto game over.
Nel frattempo, i tecno-integralisti di WIRED, hai presente?
...quelli che dovevano cambiare il mondo con un’app, i guru dei nativi digitali, i messia della rete, sono troppo impegnati a creare una piattaforma di sexting sicura e a quantificare l’esistenza per preoccuparsi di quello che succede intorno a loro.
In una città in cui un cappuccino costa sette dollari, quel processo di pulizia etnico-economica altrimenti nota come gentrification procede a ritmi serrati.
In breve, SimCity/San Fierro, come del resto l’America, è una distopia.
E’ un luogo estremo, pre-apocalittico e allucinante.
L'America, in altre parole, è un videogioco.
In questo senso, la diagnosi del filosofo francese Jean Baudrillard, formulata oltre trent’anni fa, è illuminante, anche se abbisogna di un aggiornamento.
Nel classico Simulacri e simulazione, Baudrillard aveva scritto:
“Disneyland è lì per nascondere il fatto che è il paese “reale”, tutta la vera America, ad essere Disneyland (esattamente come le prigioni sono lì per nascondere il fatto che è la società nella sua interezza, nella sua banale onnipresenza, ad essere carceraria). Disneyland è presentata come immaginaria per farci credere che il resto sia vero, mentre di fatto tutti i dintorni di Los Angeles e in generale dell’America non sono meno reali, ma appartengono all’ordine dell’iperreale e della simulazione. Non è più questione di una falsa rappresentazione della realtà (ideologia) ma di nascondere il fatto che il reale non è più reale.” (1985, p. 25)
Se sostituiamo Disneyland con un’altra simulazione, il videogioco, la considerazione di Baudrillard non solo resta valida, ma acquista un’ulteriore rilevanza in un’era in cui il ludus digitale è pervasivo.
Il reale non è più reale. Il reale è un videogame.
Detto altrimenti, il sogno americano è un incubo videoludico.
Grottesco, brutale, estremo.
Questo è solo uno dei motivi per cui è essenziale prestare la massima attenzione ai videogiochi.
Vi dirò di più: non esiste miglior strumento del videogame per comprendere le contraddizioni del contemporaneo.
Il ludus elettronico è la cartina di tornasole dell’hic et nunc.
Il fatto che venga normalmente liquidato come puro intrattenimento, passatempo, attività culturale marginale non deve depistarci. Sono infatti il rimosso, il soppresso, il periferico a formare l’inconscio dell’immaginario collettivo.
E tocca a noi scandagliare questi abissi.
Sono state riflessioni analoghe a stimolare la creazione di LUDOLOGICA, la prima serie italiana di analisi critica del videogioco, fortemente voluta, oltre che dal sottoscritto, da uno che di visual culture se ne intende: Gianni Canova.
L’abbiamo sviluppata in collaborazione con Mauro Ceolin, artista e autore dei soggetti di copertina.
Molti affermano che è sbagliato giudicare un libro dalla copertina. Ebbene, hanno torto, torto marcio.
Nel progettare LUDOLOGICA ci siamo ispirati a collane editoriali leggendarie, come la Film Classics prodotta dal British Film Institute, volumi agili, ma densi dedicati alle pietre miliari del cinema. Il mio preferito è la monografia su Blade Runner di Scot Bukatman, che penso di aver letto una dozzina di volte.
Un’altra ispirazione è l’altrettanto leggendaria 33 1/3 dedicata agli album che hanno fatto la storia della musica. Qualcuno di voi ha letto la monografia di Jonathan Lethem su Fear of Music dei Talking Heads? Caldamente consigliata.
Siamo partiti dal presupposto che esistono sostanzialmente due modi di esaminare il videogioco, che corrispondono ad altrettanti modi di vedere, per dirla con John Berger.
Il primo consiste in uno sguardo sul gioco in quanto testo e su quelli correlati.
Un discorso essenzialmente mono-mediale e mono-tematico.
Il gioco è insieme punto di partenza e di arrivo dell’analisi.
Il secondo consiste invece in uno sguardo attraverso il videogioco.
In questo caso, il videogame diventa un filtro, una metafora, uno specchio insieme riflettente e deformante della società in cui è prodotto e consumato.
Esattamente mezzo secolo fa, Marshall McLuhan scriveva che i giochi “Sono un modo attraverso il quale l'intera società parla a se stessa”.
Questa considerazione è ancora attualissima.
Questi due approcci - che potremmo definire rispettivamente centripeto e centrifugo - coesistono all’interno di LUDOLOGICA, informandosi a vicenda.
Nata a Milano nel 2003, la collana oggi comprende 25 volumi, più numerosi spin-off.
La serie “canonica” si sviluppa su due assi: Videogame D’Autore e Game Theory.
La prima è formata da monografie dedicate ai titoli e alle serie che hanno segnato la storia dei videogiochi.
La seconda esamina alcuni temi chiave del medium videoludico.
In entrambi i casi, gli approcci sono eterogenei. Gli strumenti adottati spaziano dalla semiotica all’etnografia, dai cultural studies all’estetica.
LUDOLOGICA è un progetto aperto, inclusivo e non esclusivo. E’ possibile inviare proposte editoriali seguendo le semplici istruzioni indicate direttamente sul sito ufficiale, ludologica.com. I materiali ricevuti vengono vagliati con attenzione dal comitato scientifico internazionale, oltre che dai curatori.
Quali sono le caratteristiche essenziali, i valori e i principi di LUDOLOGICA?
In questa sede vorrei indicarne tre.
In primo luogo, l’italianità.
LUDOLOGICA è una serie nata e cresciuta in Italia, che parla italiano, perfettamente consapevole del dibattito internazionale - prevalentemente in lingua inglese - ma altresì interessata a sviluppare e coltivare un approccio, un modus pensandi al medium intellettualmente e linguisticamente autonomo, che persegue un proprio itinerario.
Senza alcun complesso di inferiorità o di invidia.
In secondo luogo, l’indipendenza.
LUDOLOGICA non è imbricata con strutture accademiche o mercantili. In altre parole, pur essendo sorta grazie a un generoso finanziamento dell’Università IULM di Milano, si è sviluppata negli anni come una piattaforma di studio autonoma, che accoglie sollecitazioni provenienti da varie direzioni.
LUDOLOGICA non è in alcun modo associata al mercato dei videogiochi, alle associazioni che rappresentano le software house, ai rivenditori o alla stampa specializzata.
Siamo convinti che un discorso autenticamente critico richieda la più completa indipendenza.
Le tempistiche dell'analisi e del mercato sono, per forza di cose, incompatibili.
E gli interessi in campo non potrebbero essere più diversi.
In breve, non siamo "sponsorizzati" da nessuno.
In terzo luogo, l’irriverenza.
LUDOLOGICA non difende in modo acritico la presunta superiorià, bontà, artisticità del medium videoludico, ma ne mette in discussione ogni aspetto, assunto e presupposto.
Ci piace portare alla luce le glitch della matrice.
Quello che non funziona, quello che potrebbe funzionare meglio, quello che manda in crash il sistema, sul piano ideologico, culturale, sociale.
Il nostro atteggiamento nei confronti dei game non è dunque reverenziale, ma irriverente.
Crediamo che l’unico modo per capirli veramente consista nel farli a pezzi per poi ricostruirli.
Portare in primo piano le storture e i lati oscuri di un artefatto complesso, tutt'altro che neutrale.
Questo per quanto riguarda il passato e il presente.
E il futuro?
Posso anticipare che abbiamo in cantiere numerose iniziative per il 2015, non solo editoriali.
Intanto, sfrutto lo splendido palcoscenico della Triennale per annunciare le prossime tre uscite.
Partiamo con il volume numero venticinque: Videogiochi indipendenti tra cultura, comunicazione e partecipazione, un’analisi a tutto campo della scena videoludica indie di Enrico Gandolfi.
Un secondo volume in preparazione, il ventiseiesimo, è Virtual erotico. Sesso, pornografia ed erotismo nei videogiochi, curato da Luca Papale e Francesco Alinovi.
Si tratta di un’antologia di saggi che esaminano la relazione tra la sessualità e la simulazione elettronica, da molteplici angolazioni.
Il terzo volume che annunciamo oggi è Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica di Matteo Bittanti, una sorta di travelogue virtuale tra il Colorado e la Toscana.
Si tratta della prima pubblicazione di Game Studies interamente dedicata a un racing game.
Questi libri come quelli che seguiranno, confermano la necessità di prendere sul serio il videogioco, analizzandolo con metodi e linguaggi differenti da quelli del mercato e del giornalismo.
Perché capire il videogioco significa comprendere il reale, o, per lo meno, quel che ne resta.
Perché il nostro futuro non diventi un incubo videoludico.
Grazie per l'attenzione,
Matteo Bittanti