Questo saggio è un estratto - adattato per il web - di Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica (2015) di Matteo Bittanti, pubblicato dalle Edizioni Unicopli di Milano nella collana LUDOLOGICA. Videogames d'Autore.
PRESENTAZIONE
SAGGIO
CENNI DI FOTOLUDICA:
GLI AUTO-SCATTI DI FORZA HORIZON 2
Matteo Bittanti
Nel seminale saggio “Point and Shoot: Remediating Photography in Gamespace”, la studiosa canadese Cindy Poremba (2007) scrive che “grazie alla sua funzione documentativa” la fotografia videoludica (d’ora in poi, fotoludica) “conferisce una marca di realtà alle esperienze vissute nei mondi virtuali” (p. 53). Detto altrimenti, lo screenshot attribuisce un’aura di autenticità e unicità all’esperienza effimera, transeunte e immateriale del viaggio simulato. Esso fornisce una testimonianza, certifica una performance, comprova una situazione, conserva un istante, commemora un episodio, ricorda per noi. In sintesi, lo screenshot attesta che, in un determinato luogo e in un determinato tempo, qualcosa è successo e che quel qualcosa ha valore.
Le considerazioni di Poremba si sono dimostrate particolarmente preziose nel corso di un’analisi etnografica che ho svolto online tra il 30 settembre e il 30 ottobre 2014 su NeoGaf (1). Nello specifico, ho esaminato il thread “Forza Horizon 2 - Photo |OT| You don't take a photograph, you make it!” (2) dedicato alle pratiche fotoludiche di Forza Horizon 2 (2014). Al pari del predecessore e del cugino Motorsport, Horizon 2 include una modalità definità Photo Mode. I giocatori possono catturare le immagini visualizzate sullo schermo per mezzo di un versatile programma di screen capture dotato di numerose opzioni, filtri e parametri. Le immagini realizzate finiscono nella sezione “Gallery” e possono essere scaricate dalla pagina “My Forza” del sito forzamotorsport.net. Per circa tre settimane, gli utenti di NeoGaf hanno condiviso, commentato e discusso gli screenshots prodotti dai fans del videogame. Ne ho esaminato circa duemila con l’obiettivo di individuare stili, formati e temi ricorrenti (3). Ho classificato il materiale raccolto in cinque categorie: Selfie, Marchi, Cartoline, Acrobazie e Glitch.
Nel complesso, le categorie “Marchi” e “Selfie” costituiscono circa il 74% del totale. “Selfie” (649 immagini, pari al 34.25%), accorpa le schermate di automobili riprese da differenti angolazioni. Le inquadrature ricorrenti sono tre: frontale, posteriore e laterale. Nella maggior parte dei casi, queste immagini includono un elemento umano, l’avatar del giocatore al volante, sempre identico nelle varie permutazioni motoristiche: stessa espressione, postura, abbigliamento. Il modello estetico di riferimento, oltre al selfie, è la pubblicità. Il selfie esprime la forza totemico-fantasmatica dell’oggetto-auto. Questo stile fotografico è essenzialmente pornografico - non a caso i partecipanti al forum usano l’espressione “car porn” per indicare l’oscenità di una rappresentazione che moltiplica i punti di vista e le angolazioni, soffermandosi sulle curve sinuose e gli orifizi dei tubi di scappamento (4).
“Selfie”. Photo credit: _Dr.Mario, 2014.
“Selfie”. Photo credit: Amputechture, 2014.
“Selfie”. Photo credit: Broman1978, 2014.
“Selfie”. Photo credit: G Rom, 2014.
“Selfie”. Photo credit: Ray Wonder, 2014.
Queste immagini comunicano un messaggio essenzialmente auto-promozionale - “Guardami” - e sono riconducibili alla dimensione dell’Essere: “Io sono una Ferrari”. “Io sono una BMW”. “Io sono una Lamborghini” etc. Contribuiscono, in altre parole, alla costruzione - e insieme comunicazione - del sé mediato: il Photo Mode produce selfie motoristici che a loro volta documentano la congruenza fenomenologica tra il giocatore e la propria vettura simulata.
Non a caso, l’auto-rappresentazione finalizzata alla costruzione e all’esibizione dell’identità individuale è dominante sulle reti sociali, suoi forum e sui siti. Affetto dalla tragedia egodica, il Narciso tecnologico riduce il mondo a immagine del proprio io motorizzato (5). Incapace di separarsi dalla propria figura idealizzata, impossibilitato a ottenere la “cosa vera”, intrappolato nell'isolamento tecno-autistico, Narciso si auto-produce: la vettura virtuale è dunque un’estensione del proprio ego, una protesi. Ma questa forma di oggettivazione del sé che coincide con la proiezione motoristica non è un’espressione post-umana. Parafrasando Pierre Bourdieu (2004), la funzione della fotoludica è produrre distinzione (sul piano sociale) e demarcazione (sul piano economico). Come osservano Lutz e Lutz Fernandez (2010):
Per dichiarare agli altri la propria identità, gli americani si servono delle proprie vetture. In quanto mezzo di comunicazione insieme personale e sociale, l’automobile è analoga o persino più importante di altri simboli quali l’abbigliamento, i tatuaggi o la capigliatura, ovvero ciò che l’antropologo Terence Turner ha definito la nostra “pelle sociale” (6). Quello che tuttavia manca a questa fusione tra il valore dell’individualità e l’automobile è il fortissimo desiderio di conformarsi, ovvero il desiderio di fare e avere le stesse cose che gli altri fanno e hanno per essere “diversi”. (p. 85)
La categoria “Marchi” (760 fotografie, pari al 40.70% del totale) raggruppa le immagini dei brand e dei modelli automobilistici, ripresi in primo e primissimo piano. Proliferano i dettagli delle vetture più prestigiose: il cavallino Ferrari, il toro Lamborghini, il cerchio crociato BMW, la stella a tre punte Mercedes e così via.
“Marchio”. Photo credit: Big Jeffrey, 2014.
“Marchio”. Photo credit: The Key Pit, 2014.
“Marchio”. Photo credit: Watership, 2014.
“Marchio”. Photo credit: Jorge Pinto, 2014.
“Marchio”. Photo credit: Noobcraft, 2014.
La funzione di queste immagini è duplice: documentativa e aspirazionale. Da un lato, esse attestano che, sul piano estetico, gli sviluppatori hanno raggiunto un ragguardevole livello di fotorealismo (7). In alcuni casi, l’immagine ludo-digitale appare indistinguibile dall’immagine fotografica della “cosa vera” (8). Dall’altro, questa ambiguità ontologica ratifica l’illusione del possesso, come conferma il ricorso a pronomi possessivi nei commenti e nelle didascalie (“Guarda la mia nuova macchina!”, “Mi sono fatto un giro sulle colline al volante della mia Ferrari”, ”Adoro il tuo bolide” e così via) (9). Queste immagini riflettono la logica dell’appropriazione - Avere - e attestano una forma di consumo vistoso, per dirla con Thorstein Veblen (2007). Laddove la categoria precedente comunicava un’identità individuale, questa dichiara un’appartenenza - a un brand, a un prodotto, a un’estetica corporate. L’enfasi, in questo caso, è sull’oggetto. Beninteso, il fenomeno non è esclusivo della fotoludica. Esso contraddistingue anche la fotografia tradizionale. Secondo Susan Sontag (1977), l’istantanea esprime il possesso virtuale di un oggetto: imprigionare un oggetto sulla pellicola significa appropriarsene. È la natura indessicale del medium a consentire, anzi, incentivare, un simile equivoco ontologico. Allo stesso tempo, essa conferisce al fotografo un potere quasi-sciamanico: questi può esercitare una forma di controllo sul mondo. La fotoludica, in particolare, produce momenti/mementi della realtà virtuale, laddove con virtuale qui non si allude semplicemente al suo statuto sintetico e digitale, ma anche alla sua natura aspirazionale. Se il “Selfie” promuove il soggetto fotografato al volante di una macchina costosa, il “Marchio” promuove il brand in quanto tale. Come tale, rappresenta un esempio di marketing avanzato a cui partecipano con spontaneo entusiasmo i fans (10). De facto, il consumatore promuove gratuitamente un prodotto sviluppato da terzi. In questo senso, la categoria “Marchi” esemplifica la capacità del videogame di produrre un’adesione totale del soggetto alla logica del brand, una completa subordinazione Il giocatore si identifica sia con il gioco in quanto strumento promozionale sia con la sottesa videologia dell’automobilità. L’immagine “Marchio” è un surrogato di prestigio per il guidatore-fotografo. La popolarità di questa produzione fotografica conferma che, in un contesto neoliberista, l’identità è concepita esclusivamente come merce da consumare e il videogioco - forma ludica del neoliberismo - produce il soggetto-giocatore. Come spiega André Gorz (2003):
In quanto veicolo privilegiato di tali norme, l’immagine di marca esercita una funzione di presa di potere del capitale fisso immateriale sullo spazio pubblico, sulla cultura del quotidiano, sull’immaginario sociale. Strumento mediante il quale la merce deve produrre i suoi consumatori, il capitale simbolico della ditta si farà mettere in valore dai consumatori stessi. Sono loro che effettueranno il lavoro invisibile della produzione di sé che “fornisce un soggetto all’oggetto”, cioè che produce in ciascuno di loro i desideri, le voglie, le immagini di se stesso di cui si suppone che la merce sia l’espressione adeguata. (p. 44)
La categoria “Cartoline” (291 immagini, pari al 15.70% del totale) accorpa gli screenshots dei paesaggi di Horizon 2: collinari e marittimi, urbani e rurali. L’estetica di queste immagini rimedia quella delle tradizionali cartoline e delle fotografie di viaggio.
“Marchio”. Photo credit: Zorbsie, 2014.
“Cartolina”. Photo credit: Default Two, 2014.
“Cartolina”. Photo credit: ekim2, 2014.
“Cartolina”. Photo credit: G Rom, 2015.
“Cartolina”. Photo credit: Shandy 076, 2015.
In quanto souvenir, queste immagini comunicano un avvenimento. Attestano che il giocatore ha visitato luoghi esotici: le colline toscane, la Costa Azzurra, zone archeologiche... Questa pratica attesta l’uso del videogame come succedaneo del turismo (11). Il player si separa dal suo ambiente abituale, abbandonando temporaneamente la quotidianità (12), per visitare un luogo “altro”. Il fatto che l’escursione sia illusoria, sedentaria e statica è irrilevante. La macchina della visione consente al voyageur di sospendere deliberatamente la propria incredulità. La produzione e diffusione delle “Cartoline” nel forum indica che alla modalità competitiva imposta dagli sviluppatori, si affianca una pratica esplorativa che ignora parametri quali velocità, posizione, competizione e così via. Il giocatore rinuncia a correre per fermarsi ai bordi delle strade e immortalare paesaggi con la propria camera virtuale: la dolcezza delle colline italiane, i colori sgargianti dei campi in fiore, spettacolari villaggi sulla riviera. Si tratta, chiaramente, di una versione edulcorata e idealizzata del Belpaese: mancano infatti le lattine, borse e bottigliette di plastica che si accumulano ai bordi delle strade, gli ubiqui mozziconi di sigarette lanciati dal finestrino da conducenti incoscienti, i turgidi capannoni con la scritta “affittasi” o “vendesi”, manifesti pubblicitari di dubbio gusto, fabbriche dismesse e abbandonate nonché sgorbi sui muri e palazzi realizzati da vandali analfabeti che si credono artisti. Manca, soprattutto, il traffico permanente di un paese l’Italia, che "vanta" il più alto numero di automobili per abitanti dopo il Lussemburgo. Insomma, mancano i detriti, i rifiuti e le scorie tossiche del Tardo Capitalismo, le isole di cemento dove vivono i reietti, le zone entropiche che rivelano i fallimenti del Sistema, i bug della matrice, il junkspace, gli effetti collaterali del Miracolo Italiano.
La pratica fotografica delle “Cartoline” rigetta il ritmo intenso e frenetico della corsa, introducendo una cronologia rallentata e atteggiamenti contemplativi. Grazie alla macchina - intesa sia come strumento fotografico che mezzo di trasporto - il giocatore diventa un turista. Anche turista della propria vita: documenta le proprie passioni, speranze, sogni attraverso il videogame. Dimmi cosa (e come) fotografi e ti dirò chi sei. Per ottenere risultati spettacolari, i ludofotografi sfruttano formati peculiari, come quello panoramico: è il caso di Shandy 076. Il regime estetico dominante è quello del pittoresco, che prevede l’accostamento di elementi naturali (il paesaggio) e artificiali (l’automobile). In diversi casi, gli screenshots non mostrano l’onnipresente automobile: l’enfasi è sulla destinazione anziché sul mezzo che consente di raggiungerla. Come tali, esse svolgono una funzione di validazione: attestano la “veridicità” del viaggio. Il gesto fotografico assimila il “diverso” e l’”esotico”. Il videogioco ha contribuito all’apparente democratizzazione del regime scopico consentendo agli utenti di navigare spazi virtuali e di sperimentare situazioni - per esempio, guidare una Lamborghini sulle strade della Costa Azzurra - accessibili a pochi. Le “Cartoline” indicano l’azione del visitare, dello scoprire, dell’esplorare e del contemplare. Comunicano una presenza - “Sono stato qui”, “Ho visto questo e quello” e così via. L’enfasi è sullo spazio e precisamente sugli scenari lontani, i monumenti, le piazze di Horizon 2. Le cartoline propongono paradigmi di bellezza: al pari del cinema e della pubblicità - e prima ancora della pittura paesaggistica - forniscono modelli e standard, a riprova che la realtà virtuale è assurta a benchmark del reale. Un fattore che accomuna tutte le categorie e - qui particolarmente evidente - è l’assenza di marche di riconoscimento dei videogame: mancano gli elementi tipici dell’interfaccia, punteggi, record, cronometri, ovvero quegli elementi che Richard Grusin e David Jay Bolter (1999) hanno definito iper-mediati. L’estetica dello screenshot aspira alla massima trasparenza. Come ha scritto Lev Manovich (2002, p. 202), la schermata videoludica non è una rappresentazione di secondo grado del reale, bensì una rappresentazione realistica di una realtà alternativa, di un mondo parallelo. Il simulato non è subordinato al reale, bensì giustapposto.
Il carattere performativo delle immagini “Cartoline” persiste nella categoria delle “Acrobazie” (112 immagini, pari al 6 percento del totale), una raccolta di spettacolari stunt: auto sospese in aria, sottosopra, ribaltate, destinate alla collisione ma congelate nel freeze frame.
“Acrobazia”. Photo credit: Jorge Pinto, 2015.
“Acrobazia”. Photo credit: GoxRx, 2015.
“Acrobazia”. Photo credit: neurophd, 2015.
“Acrobazia”. Photo credit: sevenchaos, 2015.
“Acrobazia”. Photo credit: ShaunBoy 97, 2015.
Queste schermate comunicano messaggi come: “Guarda cosa riesco a fare”, “Guarda come salto… volo… guido…” e indicano l’azione del Fare. A differenza delle categorie “Selfie” e “Marchi” che esprimono uno stato, queste immagini documentano una prestazione, e dunque sottintendono skills (abilità, talenti) tutt’altro che comuni. Le “Acrobazie” attestano un doppio set di capacità: ludico e fotografico. Come scrive Bourdieu (2004), “La fotografia offre al fotografo la possibilità di ‘realizzarsi’ sia facendogli sperimentare la propria “potenza” mediante l’appropriazione magica [...] della cosa rappresentata, sia consentendogli di esprimere un’intenzione artistica o di manifestare la sua padronanza tecnica” (2009, p. 59). In breve, la categoria “Acrobazie” rappresenta per il giocatore-fotografo l’opportunità di realizzarsi tecnicamente, artisticamente o emotivamente, ottenendo l’ammirazione degli altri partecipanti del forum.
Infine, la categoria “Glitch” (20 immagini, pari all’1.1%%) raggruppa anomalie estetiche che mettono in crisi il regime iconografico fotorealistico a cui anela Horizon 2. Questo fenomeno è ravvisabile negli spettatori ai bordi della pista, che talvolta appaiono deformati, allungati, contorti o appiattiti.
“Glitch”. Photo credit: T.O.P., 2014.
“Glitch”. Photo credit: yopmoi, 2014.
“Glitch”. Photo credit: Pedersen, 2014.
“Glitch”. Photo credit: yopmoi, 2014.
“Glitch”. Photo credit: Gestault, 2014.
Queste immagini illustrano il comportamento anomalo degli algoritmi, le intersezioni impreviste, “sbagliate” tra poligoni. Queste incongruenze - che spesso sfuggono durante il gioco per via della velocità di animazione - sono invece catturate grazie allo screenshot. Ludofotografi come yopmoi hanno raccolto immagini di personaggi bizzarri, introducendo all’interno della discussione un elemento perturbante, disorientante: una presenza umana - per quanto anomala - in un mondo dominato dalle macchine, una conferma della natura post-umana della simulazione (13). In questo caso, l’enfasi è sull’errore che scivola nell’orrore, il malfunzionamento che inquieta, la sfasatura che mette a disagio. Queste schermate catturano un evento imprevisto, raro, non necessariamente ripetibile, talvolta “corretto” o “rimosso” da una patch. Polverizza l’effetto di realtà costruito dagli sviluppatori, portando in primo piano la logica computazionale sottesa a texture e poligoni. Le glitch celebrano il fallimento creativo della macchina, rivelando le imperfezioni del codice, il collasso dell’algoritmo.
Riassumendo:
CATEGORIA |
INDICAZIONE |
IMPERATIVO SCOPICO/AZIONE |
NUMERO/ PERCENTUALE |
Marchi |
OGGETTO |
“Guarda cosa posseggo”/AVERE |
760/40.7% |
Selfie |
SOGGETTO |
“Guardami”/ESSERE |
649/34.25% |
Cartoline |
SPAZIALE |
“Guarda dove vado”/ANDARE |
291/15,70% |
Acrobazie |
PERFORMANCE |
“Guarda cosa faccio”/FARE |
112/6% |
Glitch |
ERRORE |
“Guarda l’errore”/VEDERE |
20/1.1% |
Miscellanea |
NON CLASSIFICABILE |
NON CLASSIFICABILE |
42/2.25% |
TOTALE |
1874/100% |
Tabella 1. Pratiche fotografiche in Forza Horizon 2 in un thread di NeoGaf, 2014.
In alcuni casi, i fotografi hanno ritoccato le schermate con Photoshop o programmi analoghi prima di condividerle su NeoGaf. Altri si sono serviti di appositi dispositivi, come Game Capture di Elgato, oppure programmi come FRAPS. Da un lato, ciò la passione di alcuni utenti per la pratica fotoludica, dall’altra conferma che il Photo Mode costituisce una forma di gioco-nel-gioco che innesca una competizione sui generis. I giocatori-fotografi incrementano il proprio capitale ludico (Consalvo, 2006) affiancando alla pratica agonistica - espressa da indici quali il gamerscore - una prassi creativa non suscettibile alla quantificazione numerica, sfruttando programmi ad hoc (Photoshop, appunto) per “vincere”.
La tesi di Poremba secondo cui la funzione della fotoludica consiste nel convalidare, sul piano ontologico, l’esperienza di gioco, è corretta. La condivisione delle immagini su NeoGaf produce, per alcuni, una certificazione, una legittimazione; per altri una giustificazione e una motivazione. Nel forum, il numero di complimenti ricevuti è un indice del “successo artistico”. Un commento ricorrente all’interno del thread è “Mi diverto di più a scattare fotografie che a giocare”, a conferma che la pratica fotoludica fornisce una gratificazione spesso superiore a quella squisitamente ludica. Se, come sostiene Sontag, l’abitudine alla visione fotografica - la tendenza a scorgere nella realtà un possibile schieramento di scatti, una successione di istantanee - determina un distacco dalla realtà, allora la fotoludica produce un distacco dalla realtà virtuale, in quanto subordina le regole del videogame a quelle della fotografia. Per alcuni giocatori, l’attività di screen capture, ritocco e diffusione acquista un’importanza superiore alla corsa simulata perché offre soddisfazioni più intense. La fotoludica è una forma di collezionismo iconografico: i giocatori creano archivi di oggetti (le automobili) e di spazi digitali (gli scenari idilliaci). Si noti che la tensione al realismo che contraddistingue la maggior parte delle categorie indicate - e in particolare Selfie, Marchi e Cartoline - rivela le fondamenta concettualmente ingenue di questa categoria estetica. Considerare realistica una rappresentazione del reale che deriva la sua apparenza di obiettività dalla mera conformità alle convenzioni che ne definiscono i possibili usi ed i regimi estetici considerati “autentici”, significa cadere nella trappola tautologica dell’auto-rappresentazione, della conferma pedissequa degli stilemi rappresentativi che si fondano su una visione del mondo creata a partire dalle immagini stesse - o meglio, dai regimi visuali che le producono: pubblicità, televisione, riviste automobilistiche etc.
Sontag ci ricorda che un’immagine fotografica produce una pseudopresenza. L’utente si proietta nei mondi esotici di Horizon 2 e documenta le proprie imprese attraverso la fotoludica. Ma gli screenshots attestano un’assenza: del mondo raffigurato nell’immagine, ma anche del tangibile tout court, dato che l’appropriazione di frammenti di realtà virtuale attraverso la console domestica presuppone l’assenza dalle situazioni rappresentate. Il paradosso della fotoludica di Horizon 2 è che le schermate celebrano gli spazi aperti, ma la loro produzione richiede luoghi indoor. La documentazione della dimensione pubblica - strade, campi, cieli e così via - è creata in un contesto privato. Se accettiamo la tesi della scrittrice americana secondo cui la fotografia non ha semplicemente documentato il reale, ma ha modificato le caratteristiche stesse della visione introducendo una nuova concezione della realtà, si potrebbe affermare che la fotoludica ha cambiato il modo di vedere il videogioco, ridefinendo i caratteri della realtà virtuale, per cui l’attività ludica non è fine a se stessa, ma finalizzata alla sua documentazione fotografica, alla sua corroborazione iconografica.
In altre parole, la fotoludica non trasforma la fotografia in un gioco.
Semmai, subordina il gioco all’imperativo fotografico.
Note
1. Née Gaming-Age Forums (1999), NeoGaf è un forum online dedicato ai videogiochi. Nato come semplice appendice del sito di informazione videoludica Gaming-Age, NeoGaf è diventato indipendente nell’aprile 2006 e si èsviluppato in piena autonomia. Oggi vanta circa centoventimila utenti registrati ed è attivamente utilizzato da sviluppatori, producer, giornalisti del settore videoludico, tra cui Cliff Bleszinski (Unreal, Gears of War), Vic Ireland (Working Designs), Andy McNamara (Game Informer), Gary Whitta (PC Gamer), Greg Kasavin (ex-GameSpot), Larry Hryb (Direttore della Programmazione di Xbox Live) e molti altri.
2. In italiano, “Photo Horizon 2 - Foto [Fuori Tema] Non scatti una fotografia, la crei!” Il thread è stato iniziato dall’utente p3tran il 30 settembre 2014 con la pubblicazione di tre fotografie scattate da altri membri, nello specifico G Rom, Cushen e Bananafactory, esempi di quelle che ho definito fotografie “Selfie” e “Acrobazie”. Nelle due settimane successive sono state pubblicate ventitre pagine di repliche. L’intero thread è visibile all’indirizzo: http://www.neogaf.com/forum/showthread.php?t=904010
3. Sulla base dei dati raccolti ho potuto concludere che la maggior parte degli utenti condividono almeno quattro fotografie per post, sebbene alcuni membri del forum particolarmenti prolifici, come G Rom, hanno pubblicato fino a un massimo di dieci-dodici immagini alla volta.
4. Per esempio: “You guys... you guys are good. So much pornography in this thread. I'm absolutely loving this car.” (Arc07 Member (10-08-2014, 10:48 PM) Quote Arc07's Avatar #990) e “Some seriously good looking car porn in here, it will take a few more weeks before I get to try out the game, so please keep those beautiful shots coming” (markao, Member(10-19-2014, 01:30 AM) Quote markao's Avatar #1137).
5. Sul rapporto tra il mito di Narciso e la tecnologia, cfr. il capitolo “L’amore degli oggetti. Narciso come Narcosi” di Marshall Mcluhan, incluso in Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 2011 [1964], pp. 51-56.
6. In originale, “social skin”. Si noti che in ambito videoludico, il termine skin indica le varianti cromatiche dei modelli tridimensionali, ossia le variazioni delle texture che ricoprono i modelli 3D dei personaggi. Detto altrimenti, ciò che distingue un’automobile virtuale (e non) da un’altra è una pelle sottile, una semplice “mano di vernice” (la texture). Sul rapporto tra skin, arte e tecnologia, cfr. Mary Flanagan & Austin Booth (A cura di), re:skin, Massachusetts: MIT Press, 2009.
7. Cfr. numerosi commenti degli utenti, per esempio “some of these pic looks real on my phone.. i cant tell the difference anymore” (D23 Member (10-01-2014, 05:49 AM) Quote D23's Avatar #251) o, il mio preferito, croneberghiano, “Is it real? Or is it Forza Horizon 2?” (marthurstewart Junior Member (10-03-2014, 10:25 PM) Quote marthurstewart's Avatar #562).
8. Del resto, la precessione dei simulacri e l’implosione del reale nell’iperreale hanno reso ogni distinzione irrilevante. Oltre a Jean Baudrillard (2003), cfr. Geoffrey Bachten, Burning with Desire: The conception of Photography. Cambridge, Massachusetts: MIT Press, 1997, pp. 207-211.
9. Per esempio: “Loving my new Jag” (-redacted-, Junior Member (10-10-2014, 11:16 PM) Quote -redacted-'s Avatar #1043”; “I love my EVO and Type R”, (TheTurboFD Junior Member (10-01-2014, 08:57 AM) Quote TheTurboFD's Avatar #299; “Here goes my Lambo!!” (Kssio_Aug Member (10-04-2014, 10:48 PM) Quote Kssio_Aug's Avatar #689); “Love my Aston Martin” (ChubbleDucks Junior Member (10-07-2014, 09:26 AM) Quote ChubbleDucks's Avatar #913), “First one after buying my Aventador” (Daffy Duck Member (10-04-2014, 01:01 AM) Quote Daffy Duck's Avatar #573).
10. Cfr. Henry Jenkins, Fan, blogger e videogamers. L'emergere delle culture partecipative nell'era digitale (2008), Cultura convergente (2007) e Culture partecipative e competenze digitali. Media education per il XXI secolo (2010).
11. Ribadito anche nei commenti ai post. Per esempio, le foto dell’utente piggychan sono accompagnate dalla descrizione/didascalia “my trip to Europe” (piggychan Junior Member(10-06-2014, 12:35 PM) Quote piggychan's Avatar #848).
12. Il viaggio, ovvero la sessione videoludica, in genere dura qualche ora. Ma nei videogiochi, le ore spesso corrispondono a giorni, il che produce temporalità e cronologie peculiari. Sul rapporto tra videogiochi e tempo, cfr. Agata Meneghelli, Time Out. Come i videogiochi distorcono il tempo, Bologna Libreria Universitaria, 2013.
13. Gli spettatori deformi immortalati da yopmoi ricordano “Mental Health” (1999), il celebre spot PlayStation diretto da Chris Cunningham, che mostra una ragazzina dotata di un encefalo iper-sviluppato. Il filmato lascia intendere che la deformazione è stata causata dal consumo compulsivo di videogame.
14. Confermato da commenti come questi: “I'm spending more time in photo mode than I am racing.” (Deaf Spacker Memb (10-05-2014, 10:25 PM) Quote Deaf Spacker's Avatar #806) o “Photo mode is just as fun as the proper game” (jond76 Member (10-01-2014, 07:36 AM) Quote jond76's Avatar #282).
15. Consalvo sviluppa il concetto di capitale ludico (in originale, gaming capital) a partire dalla definizione di Pierre Bourdieu di capitale culturale, ossia quell’insieme di preferenze e disposizioni che riflettono la classe sociale di appartenenza di un individuo. Il capitale ludico è l'insieme delle abilità e competenze - reali o percepite - di un giocatore in un contesto relazionale che prevede un confronto continuo. È una vera e propria valuta simbolica e, come tale, dinamica. Indica l'insieme di nozioni acquisite da un giocatore nel corso degli anni, ma anche il suo talento sugli schermi, indicizzato da sistemi personalizzati come il Gamescore. Cfr. Mia Consalvo, Cheating: Gaining Advantage in Videogames, Massachusetts: MIT Press, 2005, pp. 4, 18-30, 184-185).
16. Ovvero collegata a una complessa infrastruttura che prevede un televisore o un monitor e un collegamento a internet in banda larga: è il caso di Xbox One, che non esiste in formato portatile o mobile.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Autori vari, “Forza Horizon 2 - Photo |OT| You don't take a photograph, you make it!”, NeoGAF, 30 settembre 2014 - 30 ottobre 2014 http://www.neogaf.com/forum/showthread.php?t=904010
Bachten, Geoffrey. Burning with Desire: The conception of Photography. Cambridge, Massachusetts: MIT Press, 1997.
Baudrillard, Jean. Il sistema degli oggetti. Milano, Bompiani, 2003 [1968].
Bolter, David Jay & Grusin, Richard. Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi. Milano: Guerini e Associati, 2002 [1999].
Bourdieu, Pierre. La fotografia. Usi e funzioni sociali di un’arte media. Rimini: Guaraldi, 2004 [1965].
Consalvo, Mia. Cheating. Gaining Advantage in Videogames. Cambridge, Massachusetts: MIT Press, 2006.
Flanagan, Mary & Booth,Austin (A cura di), re:skin, Massachusetts: MIT Press, 2009.
Forza Horizon 2, PlayGround Games/Turn 10 Studios/Microsoft Game Studios, 2014.
Gorz, André. L’immateriale. Conoscenza, valore e capitale. Milano: Bollati Boringhieri, 2003.
Lutz, Catherine & Fernandez, Anne Lutz, Carjacked: The Culture of the Automobile and Its Effect on Our Lives. New York: Palgrave MAcMillan, 2010.
Manovich, Lev. Il linguaggio dei nuovi media. Roma: Edizioni Olivares, 2002.
McLuhan, Marshall. Gli strumenti del comunicare. Milano: Il Saggiatore, 2011 [1964].
Meneghelli, Agata. Time Out. Come i videogiochi distorcono il tempo, Bologna Libreria Universitaria, 2013.
Poremba, Cindy. “Point and Shoot: Remediating Photography in Gamespace”, Games and Culture, gennaio 2007, vol. 2 no. 1, pp. 49-58.
Sontag, Susan. Realtà e immagine della nostra società. Torino: Einaudi, 2004 [1977].
Veblen, Thorstein. La teoria della classe agiata. Studio economico sulle istituzioni. Torino: Einaudi, 2007 [1899].
Collegamenti
Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica: Racing Game vs. Road Movie (PARTE PRIMA, Roma, 28 maggio 2015)
Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica: Questioni di realismo (PARTE SECONDA, Milano, 20 ottobre, 2015)
Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica: Cenni di Fotoludica (PARTE TERZA, 26 ottobre, 2015)
Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica