Esce oggi grazie ai tipi di Concrete Press EXTRA MILES. Estetica della guida videoludica, il nuovo libro dedicato ai racing game di Matteo Bittanti, il primo in lingua italiana del publisher di San Francisco. Disponibile in edizione limitata (100 copie), il volume è in vendita unicamente su Blurb al prezzo di 99 dollari.
In occasione della pubblicazione di EXTRA MILES. Estetica della guida videoludica, Random Parts ha intervistato l'autore, Matteo Bittanti. Pubblicata in inglese sul sito di Concrete Press, la conversazione a tutto campo è ora disponibile in italiano per i lettori di LUDOLOGICA.
Random Parts è un collettivo di artisti sparpagliati nella Bay Area californiana, un manipolo di iconoclasti guidati dal pittore di origini cubane Juan-Carlos Quintana e dall'artista Colleen Flaherty. Fondato nel 2013 insieme a Carlo Ricafort, Random Parts collabora al progetto Concrete Press, un publisher indipendente con sede a San Francisco specializzato in arte, media e cultura. Questa conversazione si è svolta a Oakland, California, nel dicembre 2015.
Random Parts (RP): Perché due libri sul racing game? Si tratta di un genere completamente ignorato nel contesto dei game studies...
Matteo Bittanti (MB): Esattamente. E si tratta di una lacuna molto significativa, dato che il racing game è uno dei generi videoludici più interessanti e complessi, sul piano ideologico e ludologico. Questa miopia ermeneutica è riconducibile al fatto che molti studiosi accettano a priori la presunta natura “realistica” del gioco di corse anziché sottoporla a un test drive rigoroso. Il racing game è ingenuamente concepito come mera riproposizione virtuale della guida di un veicolo motorizzato in un contesto puramente agonistico. Ma come ho cercato di dimostrare, c’è ben poco di realistico in un racing game. Parafrasando Žižek - ma anche il George Costanza di Seinfeld - si potrebbe affermare che quello del racing game è un “realismo senza realismo.”Esaminando con attenzione Forza Horizon è possibile comprendere l’ideologia sottesa al trasporto privato nelle società capitalistiche e le sue implicazioni. In quanto cartina di tornasole della contemporaneità, il videogame ha una funzione cartografica e insieme epistemologica.
RP: Qual è il rapporto tra Orizzonti di Forza ed EXTRA MILES?
MB: Entrambi propongono riflessioni, provocazioni e suggestioni sul tema della guida virtuale e simulata. EXTRA MILES. Estetica della guida videoludica non è un sequel, un prequel o un remake di Orizzonti di Forza, fenomenologia della guida videoludica. Non è nemmeno l’equivalente letterario di un DLC, come nel caso di Storm Island per Forza Horizon 2. Si tratta, semmai, del ghost di Orizzonti di Forza. In gergo videoludico, il ghost è una caratteristica delle modalità time attack o time trial che consiste nella visualizzazione sullo schermo di una precedente performance nel contesto di quella attuale. Per fare un esempio, in un racing game la silhouette di un veicolo ripete le mosse eseguite da un player in una sessione precedente a quella che si sta svolgendo in tempo reale. In un certo senso, il ghost introduce un replay nel real time e, così facendo, presentifica un’esperienza passata. Forza Horizon è il ghost di EXTRA MILES: il volume di Concrete Press supera e sorpassa il precedente. Allo stesso tempo, EXTRA MILES è il fantasma di Orizzonti di Forza, il suo doppio fantasmatico, il suo gemello diverso. La complessa relazione tra i due volumi è espressa anche a livello visivo: la copertina EXTRA MILES riprende e stravolge l’immagine di Ralph Fulton, il direttore creativo di Playground Games, che introduceva il testo ludologico. Entrambi i ritratti sono stati realizzati dall’artista Mauro Ceolin aka rgbproject. Quest’immagine comunica anche la natura sfuggente di EXTRA MILES, che a differenza del suo alter ego, è disponibile in tiratura limitata ed esclusivamente in formato cartaceo.
RP: Questo significa che i due libri vanno necessariamente letti insieme?
MB: Diciamo di nì. I due volumi sono sostanzialmente autonomi e indipendenti, ma solo una lettura combinata, back-to-back, permette di cogliere il gioco di rimandi e soprattutto, alcuni concetti chiave. Per esempio, grazie alle illustrazioni di EXTRA MILES, la discussione sulla fotoludica (leggi: le pratiche fotografiche nei videogame), acquista una maggiore forza esplicativa. Analogamente, la teoria del drivatar - esposta in Orizzonti di Forza - beneficia enormemente delle immagini di accompagnamento. Orizzonti di Forza è esclusivamente testuale, mentre EXTRA MILES mette in campo un corposo supporto iconografico.
RP: Puoi descrivere il tuo processo di scrittura?
MB: Ho progettato i due volumi insieme. Complessivamente, la stesura ha richiesto cinque anni dato che i primi lavori di Game Art discussi in EXTRA MILES risalgono al 2009. Sul piano formale, i due testi presentano la medesima struttura: sono distinti in due parti, AMERICA & ITALIA, che rimandano al setting virtuale (leggi: l’ambientazione dei giochi esaminati, il Colorado e l’Italia in Forza Horizon 1 & 2 rispettivamente) e reale (inteso come luogo di scrittura, San Francisco e Milano). Li ho scritti in momenti della mia vita in cui avevo un’automobile/non avevo un’automobile; non guidavo/guidavo pochissimo/guidavo tantissimo; su strada/su schermo; non mi spostavo per lunghi frangenti/mi spostavo di continuo pur rimanendo immobile. Negli ultimi anni ho percorso decine di migliaia di miglia/chilometri reali/virtuali: questa duplice attività ha stimolato una riflessione critica (EXTRA MILES e Orizzonti di Forza) e un'espressione artistica (Game Art). EXTRA MILES comincia esattamente dove si concludeva Orizzonti di Forza. Detto altrimenti, il punto di arrivo di Orizzonti di Forza e il punto di partenza di EXTRA MILES coincidono.
RP: Puoi descrivere il tuo approccio critico?
MB: Introducendo la filosofia di LUDOLOGICA in un intervento alla Triennale di Milano (2014), ho spiegato che le analisi videoludiche solitamente perseguono due strategie, che a loro volta presentano numerose ramificazioni. La prima è ludocentrica e centripeta. Si pensi alla proliferazione di studi intra-mediali, per cui lo studioso considera il videogame in quanto videogioco, ovvero in quanto oggetto specifico, testo autonomo. Gli approcci spaziano dalla semiotica ai software studies, ma in tutti i casi, l’attenzione si concentra in modo pressoché esclusivo sull’oggetto in questione, sulla sua testualità. Rientrano in questo gruppo inoltre le analisi autoriali, che esaminano la produzione di un determinato auteur (regista, scrittore, artista, game designer etc.) per individuare temi ricorrenti, leitmotifs, marche di stile, ossessioni. Una variante sono gli studi di genere - per cui il videogame X è esaminato in relazione al genere di appartenenza Y o alle meccaniche di gioco Z, per es. gli sparatutto in soggettiva o i survival horror - oppure gli studi inter-mediali, che prevedono l’analisi comparativa tra un videogame e un artefatto culturale contiguo, per esempio, un fumetto, un romanzo o un film. Questo approccio è assai diffuso nel caso degli adattamenti.
Una seconda strategia, trans-ludica e centrifuga, si concentra invece sulla relazione tra testo e contesto, ossia tra il videogame e la società. Questo approccio, che oscilla tra la sociologia della cultura e la filosofia, è assai meno diffusa nel contesto dei Game Studies, anche perché spiccatamente inter-disciplinare. Si considerino, per esempio, gli studi di natura antropologica che adottano metodi etnografici per descrivere il rapporto tra giochi e giocatori. In questo caso, la ricerca non ambisce tanto a chiarire il “funzionamento” del gioco in quanto testo, quanto ad illustrare il significato che tale gioco riveste per i giocatori. Questa posizione prende avvio dalla celebre affermazione di Marshall McLuhan in Understanding Media (1964) per cui “[I] giochi sono modelli drammatici delle nostre vite psicologiche” o dalle teorie di autori come Slavoj Žižek, Louis Althusser, Michel Foucault o Antonio Gramsci per cui la popular culture non è mai “neutrale” o dis-impegnata, ma al contrario riflette, veicola e/o promuove una determinata ideologia, una specifica visione di mondo. Nelle analisi più propriamente filosofiche, il videogame assurge a metafora o allegoria, simbolo o sintomo, epifenomeno di tendenze culturali più ampie. Rappresenta lo specchio riflettente, deformante o lente di ingradimento attraverso il quale possiamo mettere a fuoco una determinata situazione. Riflettere sulla popolarità (o impopolarità) di un determinato videogioco può aiutarci a illuminare alcuni comportamenti sociali altrimenti opachi nonché chiarire che la nostra posizione di accettazione/rifiuto/negoziazione non è mai casuale o spontanea, bensì frutto di un processo di acculturazione/apprendimento/indottrinamento. Il critico si domanda se e come un determinato artefatto culturale supporta o sovverte lo status quo, se è propaganda oppure sabotaggio. Orizzonti di Forza ed EXTRA MILES esemplificano questo approccio.
RP: Uno dei temi portanti di EXTRA MILES è la nozione di realismo. In particolare, scrivi che l'espressione “racing game realistico” è una contraddizione in termini. Ma esistono videogame di corsa realistici, secondo te?
MB: Certamente. Un esempio è Colorless, Odorless and Tasteless (2011), un’installazione di Eva e Franco Mattes aka 0100101110101101.org, una versione modificata del classico Pole Position (1982) che rilascia monossido di carbonio quando il giocatore preme il pedale dell’acceleratore. De facto, i giocatori controllano il flusso dell’invisibile sostanza tossica: più ti fai assorbire dall’azione, più assorbi il gas. Si tratta di un’installazione interattiva che ci uccide piano piano, "divertendo", il che è come dire che i videogame ci annientano gradualmente. Del resto, al pari di altre forme di dipendenza (droghe, alcolici), anche il videogiocare è una forma di suicidio. Traducibile come “Incolore, inodore e senza sapore” – ma anche “di cattivo gusto” (tasteless), l’opera dei Mattes è realistica perché rende manifeste le contraddizioni e le (v)ideologie delle tecnologie che utilizziamo ogni giorno. I racing game commerciali aspirano a ricreare la guida automobilistica escludendo il prodotto primario del mezzo a motore: il respiro malato (per via delle emissioni tossiche), anticamera del cancro ai polmoni, tumore e tremore, altro che force feedback, la vibrazione dei controller fuori controllo. Il paradosso, che poi non è un paradosso, è che il letale Colorless, Odorless and Tasteless è assai più realistico della maggior parte delle simulazioni in commercio. Quest’opera inoltre esemplifica la differenza tra gli artisti e i giocatori. Come spiega McLuhan nel fondamentale Il punto di fuga. Lo spazio in poesia e in pittura (1968), “L’artista ha la capacità di discernere l’ambiente corrente creato dalla tecnologia più recente.” E poi; “[L’]arte cessa di essere una forma di auto-espressione nell’era elettrica. Infatti, essa diventa un tipo necessario di ricerca e indagine.”
RP: Che senso ha guidare nei videogame?
MB: Nel suo travelogue America, Baudrillard scrive che “Guidare è una forma spettacolare di amnesia. Tutto può essere scoperto, tutto può essere dimenticato.” L’osservazione del filosofo francese vale anche per le simulazioni di guida, Horizon in testa. Si guida per scoprire e subito dimenticare. L’effetto ipnotico della strada cancella lo scorrere del tempo, la virtualità del movimento e la stasi corporea azzerano le distanze. Quando voglio rilassarmi, salgo in macchina e giro per ore sulle strade della Los Angeles virtuale di Grand Theft Auto V ascoltando un podcast oppure un audiolibro, e quindi replicando a tutti gli effetti l’esperienza “reale” per cui guida e ascolto sono inseparabili. Generalmente, non guido in modo spericolato, ma in “velocità crociera” o cruising. C’è un bel progetto del fotografo francese Benoit Paillè, Crossroads of Realities (2014), che cattura perfettamente il feeling di questa pratica di pseudo-spostamento. La tecnologia, ci ricorda McLuhan, è sia estensione che amputazione: in questo senso, i videogame ci rendono tutti disabili.
LINK: EXTRA MILES. Estetica della guida videoludica
LINK: Orizzonti di Forza. Fenomenologia della guida videoludica